Seven Meters al summit sul clima a Copenhagen
Da una parte, il concetto sembra ancora ben fisso nel suo uso giuridico classico: nel diritto civile, la responsabilità si definisce per l’obbligo di riparare il danno, causato con la propria colpa e nei casi determinati dalla legge; nel diritto penale per l’obbligo di sopportare la punizione. Possiamo osservare il posto dato all’idea di obbligazione: obbligazione di riparare o di subire la pena. È responsabile chiunque sia sottomesso a queste obbligazioni. Tutto questo sembra abbastanza chiaro. Ma, da un’altra parte – o, meglio, da più parti ad un tempo – l’incertezza invade la scena concettuale. Innanzitutto, si resta sorpresi che un termine, dal senso così netto sul piano giuridico, abbia un’origine tanto recente e non sia marcatamente inscritto nella tradizione filosofica. Inoltre, si prova un certo imbarazzo per la proliferazione e la dispersione degli usi del termine nella sua utilizzazione corrente; e ciò ben al di là dei limiti imposti dall’uso giuridico. L’aggettivo responsabile coinvolge alla sua sequela una diversità di complementi: siamo responsabili delle conseguenze delle nostre azioni, ma anche responsabili degli altri, nella misura in cui questi sono a nostro carico o sono affidati alle nostre cure, e, eventualmente, molto al di là di questa misura. Al limite siamo responsabili di tutto e di tutti.

Crediti
 Paul Ricœur
 Essai d'analyse sémantique
  Le concept de responsabilité
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Quotes per Paul Ricœur

Non esiste mai un linguaggio simbolico senza ermeneutica; là dove un uomo sogna e delira, un altro uomo si fa avanti per interpretare.

Questa calma vertigine sta e va, permane e metamorfizza, inchioda e fugge. Se essa resta l’inscrutabile, il suo enigma non equivale ad un interdetto che pesa sul linguaggio; suscita piuttosto l’esigenza di pensare di più e di dire altrimenti.

Secondo la mia ipotesi finale, la comprensione che ognuno ha di sé stesso è narrativa: non posso cogliere me stesso al di fuori del tempo e, dunque, fuori dal racconto; tra ciò che sono e la storia della mia vita c'è un'equivalenza. In questo senso, la dimensione narrativa è costitutiva della comprensione di sé. Essa possiede la duplice caratteristica di essere, ad un tempo, storica e di finzione.

Io subisco questo corpo che governo.

La riflessione rappresenta il tentativo di appropriazione del proprio sforzo di esistere e del proprio desiderio di essere attraverso le opere che testimoniano quello sforzo e quel desiderio.