Dopo tutto ciò devo dire ancora, appositamente, che anch’essi saranno spiriti liberi, molto liberi, questi filosofi dell’avvenire, – per quanto sia certo che non saranno solamente spiriti liberi, ma qualcosa di più, di più elevato, di più grande e fondamentalmente diverso, che non vuol essere disconosciuto e confuso? Ma mentre dico questo, sento verso di loro quasi come verso di noi, noi che siamo loro araldi e precursori, noi spiriti liberi! – l’obbligo di soffiar via da noi, insieme, un vecchio sciocco pregiudizio e malinteso, che per troppo tempo, come una nebbia, ha reso «opaco» il concetto di «spirito libero».
In tutti i paesi d’Europa e anche in America, si abusa oggi da parte di qualcuno di questo nome, una sorta di spiriti molto limitati, prigionieri, in catene, che vogliono pressappoco il contrario di quanto è nelle nostre intenzioni e nei nostri istinti – per non parlare poi del fatto che riguardo a quei nuovi filosofi che stanno sopraggiungendo essi non devono essere che finestre ben chiuse e porte sbarrate. Essi appartengono, per dirla in poche parole, ai livellatori, che falsamente vengono chiamati «spiriti liberi» – in quanto schiavi, eloquenti e abili nell’usare la penna, del gusto democratico e delle sue «idee moderne»: tutti quanti uomini senza solitudine, senza una propria solitudine, goffi onesti ragazzotti ai quali non dobbiamo negare il coraggio né onesti costumi, ma solo il fatto appunto di non essere liberi e di essere superficiali tanto da muovere al riso, soprattutto con la loro tendenza di fondo a vedere nelle forme della vecchia società esistita sino ad oggi, la causa di ogni miseria e faIlimento umano: e così la verità viene ad essere felicemente capovolta!
Ciò cui essi tenderebbero con ogni loro forza è la universale verde felicità campestre delle greggi, sicura, priva di pericoli, comoda e facile per tutti; le due canzoni e le due dottrine, che essi cantano con maggior frequenza si chiamano «parità dei diritti» e «compassione per chiunque soffra», – e la sofferenza spesso viene presa da essi come qualcosa che deve essere eliminato.
Noi, fatti a rovescio, noi che abbiamo aperti gli occhi e la coscienza al problema del dove e come sia cresciuta fino ad oggi con maggior vigore la pianta «uomo», crediamo che ciò sia accaduto ogni volta in condizioni opposte, che inoltre il pericolo della sua situazione fu costretto ad aumentare in modo semplicemente portentoso, la sua forza inventiva e dissimulatrice (il suo «spirito») dovette svilupparsi in sottigliezza e audacia sotto una lunga coercizione e costrizione, e la sua volontà di vita dovette essere potenziata fino all’illimitata volontà di potenza – noi crediamo che durezza, prepotenza, schiavitù, pericoli nelle strade e nel cuore, segretezza, stoicismo, tentazioni e diavolerie di ogni tipo, che ogni malvagità, mostruosità, tirannia, tutto quanto vi è di rapace e di viscido nell’uomo, serva alla sua elevazione quanto il suo contrario – e addirittura non diciamo abbastanza, quando diciamo solo questo, e in ogni caso, con le nostre parole e i nostri silenzi su questo punto, ci ritroviamo all’altro capo di ogni ideologia moderna e dei desideri del gregge: come i suoi antipodi forse? Perché stupirsi, che noi «spiriti liberi» non siamo proprio gli spiriti più comunicativi? Che non abbiamo il desiderio di svelare, sotto ogni riguardo, da che cosa uno spirito possa liberarsi, e verso cosa egli verrà poi sospinto?
E per quanto riguarda la pericolosa formula «al di là del bene e del male» con la quale per lo meno ci difendiamo dall’essere scambiati con altri: noi siamo diversi dai «libres-penseurs», «liberi pensatori», «Freidenker» o come vogliono chiamarsi tutti questi onesti intercessori delle «idee moderne». Siamo stati di casa, o perlomeno siamo stati ospiti in molte regioni dello spirito; siamo sempre nuovamente sfuggiti dagli oscuri piacevoli cantucci nei quali parevano confinarci predilezioni e odi pregiudiziali, giovinezza, origine, il caso di uomini e libri, o addirittura le fatiche del vagabondaggio; pieni di cattiveria contro gli allettanti strumenti della dipendenza, che sono nascosti negli onori, nel denaro, o negli impieghi, o nell’esaltazione dei sensi; grati addirittura alla miseria e alla mutevole malattia, poiché sempre ci hanno liberato da qualsiasi regola e dal suo «pregiudizio», grati a Dio, al diavolo, alla pecora e al verme che sono in noi, curiosi fino al vizio, indagatori fino alla crudeltà, con dita pronte all’inafferrabile, con denti e stomaco per l’indigeribile, pronti a ogni mestiere che pretenda acutezza e sensi pronti, pronti a osare tutto, grazie a un’eccedenza di «libero volere», con anime manifeste e segrete, di cui nessuno può scorgere facilmente le ultime intenzioni, con primi piani e retroscena che nessuno potrebbe percorrere fino alla fine, nascosti sotto il manto della luce, conquistatori, anche se siamo simili agli eredi e ai dissipatori, ordinatori e collezionatori da mattina a sera, avari della nostra ricchezza e dei nostri cassetti stipati, parsimoniosi nell’apprendere e nel dimenticare, ingegnosi negli schemi, di quando in quando fieri delle1nostre tavole di categorie, a volte pedanti, a volte gufi del lavoro anche in pieno giorno; e, quando è necessario anche spauracchi – e oggi è necessario: in quanto siamo sin dalla nascita amici giurati e gelosi della solitudine, la più notturna e la più meridiana: – un tal genere di uomini siamo noi, noi liberi spiriti! e forse ci assomigliate, voi che state giungendo? voi nuovi filosofi? –
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