Nel tragitto dall’ingresso al salottino, senza fermarsi, la donna ha sistemato un libro che si era inclinato su uno scaffale, e l’ingegnere ha avuto la certezza che la sua relazione con lo psicanalista non fosse solo professionale. Ma nei pochi minuti in cui ha aspettato (lo psicanalista congedava i suoi pazienti da un’altra porta dello studio e li faceva accompagnare fuori lungo un altro tragitto, in modo che chi entrava e chi usciva non si incontrassero mai) l’ingegnere ha capito che quella sarebbe stata l’ultima volta che si presentava in Liechtensteinstrasse; e non perché intendesse mollare tutto a metà, al contrario: perché la terapia aveva avuto effetto e lui in quel momento aveva capito di essere guarito, tanto che a mezzogiorno, adesso gli veniva in mente, si era mangiato con grande piacere una cotoletta con una birra. L’incapacità dello psicanalista di cogliere anche aspetti semplici della sua psiche, di rendersi conto di come sia differente crescere in India e in Austria, gli aveva aperto gli occhi. Di colpo l’ingegnere si rendeva conto che tutti i suoi guai a Vienna erano cominciati perché lui ci era arrivato deciso a diventare come loro, a fare le cose che facevano loro nel modo in cui le facevano loro, gli europei. In questo modo aveva abbandonato sé stesso, si era trovato in conflitto con sé stesso. Aveva dimenticato quanto la luce del sole e della luna influiva sul suo umore; di quanto la sua serenità dipendeva dal sentirsi parte di una comunità; anzi, questi legami con la comunità di cui faceva parte andavano mantenuti e rinforzati, soprattutto adesso che si trovava all’estero.
La grettezza dello psicanalista l’aveva messo di fronte alla distanza fra le due culture e gli aveva fatto capire che non è né semplice né sensato buttarsi dall’altra parte. Si può farlo, in una certa misura si deve farlo, ma prendendo un sacco di precauzioni e mai troppo di colpo, se no si smarrisce un’identità senza riuscire a sostituirla con niente, il che era esattamente quanto gli era successo, e anche quanto stava finendo di succedere nel momento preciso in cui nella sua testa si facevano chiari questi pensieri. E poi ha pensato che conflitto e armonia sono entrambi importanti, a Vienna forse no, ma a Jaipur sí, e quindi per lui sí; e che ancora una volta dal conflitto stava generandosi una nuova armonia, un’armonia che sentiva attraversargli le ossa, e anche i muscoli, che di punto in bianco, per la prima volta dal suo arrivo in Europa, avevano smesso di contrarsi dolorosamente. In questo nuovo, delizioso stato di benessere l’ingegnere non vedeva l’ora che la porta si aprisse e lo psicanalista gli stringesse per l’ultima volta la mano. Avrebbe dovuto ringraziarlo? Forse sarebbe stato troppo, in fondo lo psicanalista non aveva idea di quello che aveva combinato. Ogni conseguenza positiva del loro rapporto era stata involontaria, mentre non si poteva escludere che alcuni degli aspetti più sgradevoli, più imbarazzanti della loro frequentazione che adesso, grazie al cielo, stava per concludersi, fossero dovuti alla frustrazione per quel paziente di cui non stava capendo niente, ma proprio niente, e sul quale non aveva mai avuto l’umiltà di porsi qualche domanda, di immaginarsi un modo diverso di avvicinarlo e di trattarlo. Eppure sarebbe stato bello uscire con stile, dare all’addio un tocco di eleganza, di superiorità…
Non gli è riuscito. L’arrivo dello psicanalista ha interrotto queste riflessioni, riflessioni frenetiche, perché tutto stava succedendo molto in fretta nella testa dell’ingegnere e, a quanto pare, anche intorno a lui. Colto di sorpresa, stringendo la mano leggermente sudata del dottore, segno che anche lui si stava preparando a un incontro non proprio amichevole, all’ingegnere sono uscite di bocca parole incontrollate che non è riuscito in nessun modo a arginare. Senza seguire lo psicanalista nello studio in cui non sarebbe entrato mai più, tirando fuori di tasca il libretto degli assegni con cui si preparava a regolare tutti i conti, purtroppo all’ingegnere non è venuta la frase ironica e distaccata con cui sarebbe stato bello interrompere signorilmente il loro rapporto professionale. Purtroppo l’ingegnere ha pronunciato, o meglio, si è reso conto senza poterci far niente che stava pronunciando la seguente frase: Non è che non mi renda conto che Freud e Jung hanno salvato tanti pazienti, dottore. Ma li hanno salvati perché erano Freud e Jung, non perché con la psicanalisi ci riesca qualunque scalzacane con uno studio sopra una fioraia nazista, in Liechtensteinstrasse.
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