Mi trascino come un eremita
consapevole di una verità mendace.
Disilluso, piegato dalla fatica.
Vesto una maschera di pece.
Lottando contro le correnti avverse dell’esistenza
ho forgiato la mia tempra, acciaio e ferro la mia sostanza.
Pietà per nessuno, questa la mia regola morale.
È un fuoco epuratore, ma freddo, come pietra tombale.
Piove, e volgo lo sguardo verso il cielo:
Sono soffocato dal mio orgoglio,
ma oggi, celando le mie lacrime posso piangere,
per sfogare il mio dolore.
Sono privo di vincoli,
ma se questa è libertà,
non è altro che piena solitudine.
Dolce, unico conforto, unica certezza:
Il profumo dell’acqua, l’odore di salsedine
Sottile e pungente nella brezza.
Buongiorno, caro Amico! Ti sono venuto a trovare!
Nei giorni di pace non ti vengo a cercare:
sei dei bambini, e del gioco!
Appartieni agli amanti, al cielo azzurro e al Sole…
Ma oggi…oggi sei mio! Mio soltanto!
Mio da guardare, toccare, accarezzare, assaporare!
Sei del ricordo e del rimpianto,
sei della Pioggia che riempie l’aria plumbea, dal grigio manto!
In questo delirio mi trascino,
avvolto in questa nebbia, una cortina di disperazione.
Mi allontano dalla stazione
e mi dirigo verso il molo ameno,
casa del Faro Solitario.
E dai picchi degli scogli, consumati incessantemente dalle onde,
osservo:
A sinistra la calma del ponte,
lo sciabordio leggero
dell’acqua sullo scafo del veliero.
Oh, Volatile d’Avorio!
Anima in equilibrio in questo vento contrario,
Parlami, ti prego! Almeno tu, Sii sincero!
È forse vero, o è leggenda del girovago marinaio menzognero,
che alla morte vai, in cerca della spiaggia natìa,
per ascoltar del mare un’ultima volta la poesia?
E allora pensavo:
L’infrangersi dell’acqua su questi duri sassi
è come il canto della madre quando muoviamo i primi passi.
Quando le forbici del destino recideranno
il filo della mia vita, liberandomi da questo Affanno
voglio essere come il Gabbiano, adagiarmi sulla spiaggia,
e morire ascoltando la voce soave che aleggia
dal Mare, che mi reclama e mi corteggia.
A destra l’agitazione e la tempesta
la burrasca e l’Infinito
rabbia tangibile, incarnata.
Ruggito!
Ah, Volatile di Pece!
Ombra nera che si libra nel cielo,
sussurra alla mia mente parole di odio e di gelo!
Non voglio Pace! Rimuovi questo Velo, non farmi adagiare:
Non voglio requie, non voglio riposare!
Non ti cibi forse tu della carcassa del Gabbiano che cerca conforto nel mare?
E allora pensavo:
L’infrangersi dell’acqua su queste fragili rocce
è come il litigio col padre, martello che riduce le ossa in brecce.
Quando il pensiero del perdono si farà strada nel mio cuore,
la voglia di serenità, la voglia d’amore,
voglio essere come il Corvo!
Indomabile aura di terrore, occhi di vetro, Spirito Vendicativo!
Flagello dei nemici, Odio disgregativo!
I fiori del male di Charles Baudelaire
Una raccolta di poesie che esplora la condizione umana tra bellezza e degrado, tra estasi e disperazione, simile alla dualità tra luce e oscurità presente nel testo analizzato.
Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati
Un romanzo che racconta l’attesa e la solitudine di un uomo in un luogo isolato, riflettendo sulla vita e sulla morte, in linea con il tema del faro solitario e della riflessione esistenziale.
Moby Dick di Herman Melville
Questo classico della letteratura esplora la lotta dell’uomo contro le forze della natura e il suo conflitto interiore, richiamando la battaglia tra il gabbiano e il corvo descritta nel testo poetico.
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