Si potrebbe dire che, in un certo senso, il diciannovesimo secolo si è sforzato verso tutto ciò che Goethe aveva tentato di raggiungere personalmente, una universalità che comprende e che ammette tutto, una tendenza a dare accesso a tutti, un realismo ardito, un rispetto del fatto. Da dove viene che il resultato totale non sia un Goethe, ma un caos, un sospiro nihilista, una confusione in cui non si sa dove battere la testa, un istinto di sfinimento il quale, continuamente, nella pratica, spinge ad un ritorno al diciottesimo secolo? (— per esempio sotto forma di sentimento romantico, di altruismo e d’ipersentimentalità, di femminismo nel gusto, di socialismo nella politica — ). Il diciannovesimo secolo, finendo non sarebbe dunque che un diciottesimo secolo rinforzato e indurito, altrimenti detto un secolo di decadenza? In modo che non solo per la Germania, ma per tutta l’Europa, Goethe non sarebbe stato che un incidente, una bella inutilità? Ma si disconoscono i grandi uomini se li si considera sotto la miserabile prospettiva di una pubblica utilità. Che non se ne possa trarre alcun profitto, è forse la caratteristica stessa della grandezza…
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