Maledetto sia colui che, nelle future ristampe delle mie opere, avrà cambiato scientamente una qualsiasi cosa, una frase, o solo una parola, una sillaba, una lettera, un segno di punteggiatura! Fu il filosofo, fu lo scrittore, a far parlare così Schopenhauer? Tutti e due, e quel connubio (si pensi allo stile sconcertante di qualsiasi opera filosofica) è molto raro. Un Hegel non avrebbe certo proferito una maledizione simile. E nessun altro filosofo di prima grandezza, tranne Platone. L'inconveniente di essere nati
Sebbene io abbia della vita una concezione tetra, ho sempre nutrito un grande amore per l'esistenza, un amore talmente grande da convertirsi in negazione della vita, perché non possedevo i mezzi per soddisfare la mia voglia di vivere.
L'abitudine al ragionamento e alla speculazione è indice di un'insufficienza vitale e di un deterioramento dell'affettività.
Pensano con metodo soltanto coloro i quali, grazie alle loro insufficienze, giungono a dimenticare sé stessi, a non far più corpo con le proprie idee: la filosofia, appannaggio di individui e popoli biologicamente superficiali. La tentazione di esistere
Nel bel mezzo di studi più che seri, scoprii che un giorno sarei morto: la mia modestia ne fu scossa. Convinto che non mi restasse più niente da imparare, abbandonai gli studi per mettere il mondo al corrente di una così notevole scoperta.
Quale maledizione peserà su alcuni per non sentirsi a proprio agio da nessuna parte? Né con il sole né senza il sole, né con gli uomini né senza di loro. […] I più infelici sono coloro che non hanno diritto all'incoscienza. Avere una coscienza sviluppata, sempre vigile, ridefinire senza tregua il proprio rapporto con il mondo, vivere nella perpetua tensione della conoscenza significa essere perduti per la vita. La conoscenza è una piaga, e la coscienza una ferita aperta nel cuore della vita. Al culmine della disperazione
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