Il lirismo uccide lo scrittore
La «resa emotiva» è lirica… niente di meno lirico del «lettore da cesso»! … l’autore lirico, come sono io, se ne fotte di tutta la massa, oltre che dell’élite! … l’élite non ha il tempo per essere lirica, quella viaggia in macchina, si abboffa, mette su culo, peta, rutta… e riparte! … anche lei legge solo al cesso, l’élite, e capisce solo la patacca… insomma il romanzo lirico non rende… questo non si discute! … il lirismo uccide lo scrittore, coi nervi, con le arterie, e con l’ostilità di tutti… non parlo a vanvera professor Y! … parlo serissimo! … il romanzo a «resa emotiva» è una fatica da non crederci… l’emozione può essere captata e trascritta solo attraverso il linguaggio parlato… il ricordo del linguaggio parlato! e a prezzo di infinita pazienza! di minutissime ritrascrizioni! … ci provi lei! … il cinema non ce la fa più! … è la rivincita! … alla faccia di tutte le campagne, di tutti i miliardi di pubblicità, delle migliaia di primi piani… sempre più in primo piano… ciglia da un metro in su! … sospiri, sorrisi, singhiozzi, che di più non si può desiderare, il cinema rimane tutto fasullo, meccanico, gelido… ha solo emozione fasulla… non capta mica le onde emotive… è impotente nell’emozione… mostro impotente… e nemmeno la massa è emotiva… sicuro! … sono d’accordo con lei professor Y… le piacciono solo le pagliacciate a quella! è isterica la massa! … ma è scarsa d’emotività! molto scarsa! … Non ci sarebbero più guerre da un bel pezzo, signor professor Y, se la massa fosse emotiva! … finiti i macellamenti! … sì, campa cavallo! …

Crediti
 Louis-Ferdinand Céline
 Colloqui con il professor Y
 SchieleArt •   • 




Quotes per Louis-Ferdinand Céline

Questo nostro corpo, travestito con molecole agitate e banali, si rivolta continuamente contro questo scherzo atroce del durare. Vogliono andarsi a perdere le nostre molecole, al più presto, nell'universo quelle vezzose! Soffrono d'essere solamente noi, cornuti dell'infinito. Si scoppierebbe se s'avesse del coraggio, invece ci si disgrega solo da un giorno all'altro. La nostra tortura prediletta è rinchiusa lì, atomica, nella nostra pelle stessa, col nostro orgoglio.  Viaggio al termine della notte

La gran fatica dell'esistenza non è forse insomma nient'altro che questo gran darsi da fare per restare ragionevoli venti, quarant'anni, o più, per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi.
L'incubo di dover sempre presentare come un piccolo ideale universale, un superuomo da mane a sera, il sotto-uomo zoppicante che ci hanno dato.  Viaggio al termine della notte

Verso le ultime ore di quella stessa sera tutto è diventato chiaro intorno a noi, come se davvero le cose ne avessero abbastanza di trascinarsi da un bordo all'altro del destino, indecise, e fossero tutte uscite dall'ombra allo stesso momento e si mettessero a parlarmi. Ma bisogna diffidare delle cose e della gente in quei momenti. Ti credi che stiano per parlare le cose e poi non dicono proprio niente e la notte se le riprende spesso senza che tu abbia potuto capire quel che avevano da raccontarti.

Le cose ci sono, sono lì a rispondere ai nostri sguardi più o meno sicuri, alle domande che non facciamo e nemmeno sappiamo, a salvarci e a condannarci: sempre e pur tuttavia solo cose. Sarebbero chiare se noi non fossimo così confusi. Non sono le cose a comandare ma l'atteggiamento che abbiamo noi di fronte ad esse. Come ci poniamo, come scegliamo se parlare o meno e cosa dire e cosa tenere per noi e non condividere. Cosa lasciare andare.

Perché nel cervello d'un coglione il pensiero faccia un giro, bisogna che gli capitino un sacco di cose e di molto crudeli.