Il «miracolo» esclusivamente un errore d'interpretazione?

Ovunque la nevrosi religiosa si è presentata fino ad ora sulla terra, la troviamo collegata a tre pericolose prescrizioni dietetiche: solitudine, digiuno e castità, – senza tuttavia che qui si possa decidere con sicurezza quale ne sia la causa, quale l’effetto e se vi sia in generale un rapporto di causa ed effetto. A giustificazione di quest’ultimo dubbio sta il fatto che ai sintomi più costanti della nevrosi, tra i popoli selvaggi come tra quelli civili, appartiene anche la più improvvisa e sfrenata libidine la quale poi, altrettanto improvvisamente, si capovolge in uno spasimo di espiazione e di negazione del mondo e della volontà: interpretabili forse entrambi come epilessia camuffata? Ma in nessun altro caso più che in questo dovremmo liberarci dalle interpretazioni: intorno a nessun fenomeno tipico è cresciuta fino ad oggi una tale quantità di sciocchezze e di superstizioni, nessuno fino ad oggi sembra aver interessato di più gli uomini e gli stessi filosofi sarebbe ora il momento di diventare, proprio su questo punto, un po’ più freddi, di imparare la prudenza, meglio ancora: di guardare oltre, di andare oltre.

Perfino sullo sfondo della filosofia più recente, di quella schopenhaueriana, sta ancora, quasi come il problema per eccellenza, questo terrificante interrogativo della crisi e del risveglio religioso. Com’è possibile la negazione della volontà? com’è possibile il santo? – questo sembra essere veramente stato il problema dal quale Schopenhauer iniziò e divenne filosofo. E fu dunque una conseguenza veramente schopenhaueriana che il suo più convinto seguace (forse anche l’ultimo, per quanto riguarda la Germania), Richard Wagner, portasse a termine proprio in questo modo l’opera di tutta la sua vita e finisse da ultimo col rappresentare ancora sulla scena il tipo terribile ed eterno di Kundry, type vécu, in carne ed ossa; in quello stesso periodo, nel quale gli psichiatri di quasi tutti i paesi europei avevano l’occasione di analizzarlo da vicino, in tutti i luoghi nei quali la nevrosi religiosa – o come io la chiamo «l’essenza religiosa» – ha fatto la sua ultima irruzione e apparizione epidemica come «esercito della salvezza».

– Se tuttavia ci si chiede che cosa propriamente, nel complesso del fenomeno del santo, sia stato così assolutamente interessante per gli uomini di ogni tipo e di ogni epoca, compresi i filosofi, è senza dubbio l’apparenza del miracolo che gli è connessa, cioè l’immediata successione di opposti, di condizioni dell’anima cui la morte attribuisce valori antitetici: si credeva qui di toccare con mano la possibilità che un «uomo cattivo» divenisse di un tratto un «santo» un uomo buono. Su questo punto, la psicologia, quale è stata fino ad ora, ha fatto naufragio e tutto ciò non dovrebbe essere accaduto soprattutto perché essa si era posta sotto il dominio della morale, perché essa stessa credeva nelle opposizioni morali di valore, e leggeva, vedeva e interpretava queste opposizioni all’interno del testo e dello stato di fatto? – come? Il «miracolo» esclusivamente un errore d’interpretazione? Un difetto di filologia?

Crediti
 Friedrich Nietzsche
 Al di là del bene e del male
  L'essere religioso
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