Ghérasim Luca è l’étranjuif, come lui stesso si definiva, destinato a rimanere sconosciuto alla letteratura. Fino a che Deleuze lo definirà il più grande poeta del secolo scorso. È il riconoscimento di una voce poetica senza compromessi. Il più grande poeta francese, ma d’origine romena, è oggi Ghérasim Luca. Se la parola di Ghérasim Luca è così eminentemente poetica, è perché egli fa del balbettio un affetto della lingua, non un’affermazione della parola. Siamo di fronte a una parola sonora, come quella di Artaud, perché l’effetto dirompente è dato dalla recitazione. Luca recita senza enfasi, senza artifici, e allo stesso tempo dà prova del dono totale di sé e di un dire strappato alla massa sonora. Recita vertiginosamente, frugando nel suo labirinto, mangia, impasta maltratta, mitraglia, accarezza, esalta le consonanti, le vocali, i fonemi, rilancia i suoi ritmi, fa precipitare ciò che deraglia, beccheggia nella cavità del baratro verbale per rinascere più ardente dopo il naufragio, e, tra i denti una goccia di nulla rubata ai vasti fondali, all’oscurità e alla morte.
Il più grande poeta francese
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