Il potere della scelta nonviolentaLa nonviolenza promuove azioni per la pace sia sotto la forma di manifestazioni, sia come rifiuto di cooperare alla preparazione e all’esecuzione della guerra (obbiezione di coscienza), e costituisce perciò la punta più avanzata del pacifismo, perché con la massima coerenza propugna il disarmo, la resistenza nonviolenta, le trattative, la sostituzione di una tensione etico-sociale come equivalente della guerra. La nonviolenza preme crescentemente sulle religioni tradizionali perché la loro prospettiva di principi e di orientamenti ponga al punto centrale l’apertura nonviolenta alla realtà di tutti, tanto che si può dire che questo costituisce il vero ecumenismo, non istituzionale, ma di anime aperte e associate. La nonviolenza investe in pieno il campo dell’educazione, della ricerca psicologica, della fondazione pedagogica, liberando la scuola, nei suoi contenuti culturali e nei metodi didattici e comunitari, dai residui di mentalità autoritarie, e instaurando il dialogo, la viva cooperazione, la comprensione internazionale e integrando l’educazione civica con le tecniche della nonviolenza.

E c’è un campo che sta in primo piano, nel quale la nonviolenza si fonde con la preparazione del controllo dal basso o democrazia diretta, in una sintesi dinamica di grande suggestione ed efficacia. Il problema del potere oggi è molto discusso. Si riconosce l’enorme pericolo della concentrazione di tanto potere esecutivo in poche mani: poche persone decidono nel campo militare, politico, economico di tutti gli esseri viventi; gli attuali controlli sono apparenti e insufficienti; l’individuo sente sempre più che poteri a lui estranei decidono su tutto, senza tenere minimamente conto di ciò che lui voglia, anzi ingannandolo per creare un consenso pubblico fittizio mediante un enorme dispiegamento di mezzi di comunicazione di massa, che sono la stampa, la televisione, la radio, il cinema. Le decisioni circa le spese, circa i programmi culturali, circa la politica nazionale e internazionale e perfino circa la guerra, passano sul capo dei singoli individui. Che cosa fare? La risposta è questa: non isolarsi, non cercare di affrontare e risolvere i problemi importanti da isolati; da isolati non si risolvono che problemi di igiene, di salute personale e, se mai, di benessere ad un livello angusto. Per il problema sommo che è il potere, cioè la capacità di trasformare la società e di realizzare il permanente controllo di tutti, bisogna che l’individuo non resti solo, ma cerchi instancabilmente gli altri, e con gli altri crei modi di informazione, di controllo, di intervento. Ciò non può avvenire che con il metodo nonviolento, che è dell’apertura e del dialogo, senza la distruzione degli avversari, e influendo sulla società circostante per la progressiva sostituzione di strumenti di educazione a strumenti di coercizione.

Crediti
 Aldo Capitini
 Le tecniche della nonviolenza
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