Di prima mattina, dopo che ebbero svolto le loro devozioni, i guerrieri si apprestarono a organizzarsi per un altro duro giorno di combattimento, il quattordicesimo. I preparativi, come ogni mattina, fervevano.
Nel frattempo, i generali dei Pandava si erano riuniti nella tenda di Yudhisthira per discutere dei piani della giornata.
Arjuna raccontò lo strano sogno fatto nella notte appena trascorsa. Ascoltato con emozione, tutti vollero congratularsi per la fantastica opportunità che gli era stata concessa. Soprattutto si considerava fortunato perché riusciva a ricordare nitidamente il modo di usare la pashupata. Mentre narrava di queste cose, erano arrivati anche Krishna e Satyaki. A quest’ultimo disse:
Amico mio, vedo che tutti sono eccitati per il mio giuramento, e i soldati si aspettano grandi cose da me, oggi. Sicuramente questo è l’ultimo giorno di vita del vile Jayadratha, per colpa del quale mio figlio ci ha lasciati; ma non dobbiamo dimenticare che Drona è ancora dall’altra parte, e che anche lui ha una promessa in sospeso: la cattura di Yudhisthira. Faremmo bene a non sottovalutare il pericolo. Oggi io sarò totalmente impegnato e non potrò rimanere nelle sue vicinanze. Dunque a te spetta il dovere di proteggerlo; solo tu puoi farlo. Tu sei mio discepolo e anche cugino di Krishna; in battaglia non mi sei da meno e se il tuo impegno sarà al massimo, l’acarya non passerà queste linee.
Satyaki sorrise.
Assolvi tranquillamente il tuo compito; finché io vivrò, Drona non riuscirà neanche a toccare tuo fratello.
Mentre i Pandava pianificavano le strategie per resistere agli attacchi nemici e contemporaneamente aiutare Arjuna ad avvicinarsi a Jayadratha, i Kurava cominciavano le complesse manovre per sistemare i loro eserciti secondo una formazione a tre strati.
Nel primo strato, accompagnato da 1500 elefanti infuriati e decine di migliaia di soldati, valorosissimi e sprezzanti della paura, stazionavano i tre figli di Dritarashtra: Durmarshana, Dusshasana e Vikarna. Li seguivano Drona, Duryodhana e Karna accompagnati dai loro battaglioni.
Nel terzo strato migliaia di grandi eroi, tra cui Asvatthama, Vrishasena, Shalya e Kripa, vigilavano i sentieri interni. Jayadratha era dietro di tutti, a quasi ottanta chilometri dal punto in cui si sarebbe svolto lo scontro diretto. Vedendo davanti a sè quell’immenso oceano di uomini e animali, il re di Sindhu si sentì talmente al sicuro da maturare la consapevolezza che Arjuna poteva essere considerato già morto.
Nessuno credeva che Arjuna né altri sarebbero mai riusciti, nell’arco di un solo giorno, ad arrivare alla meta. Ma nonostante quella certezza, quando il carro del Pandava, che era guidato dal Signore in persona e protetto dagli impavidi Yudhamanyu e Uttamaujas, si mosse, nessuno dalla parte dei Kurava riuscì ad evitare un brivido di terrore. Persino Jayadratha quando gli riferirono che Arjuna si era mosso, nonostante fosse a una distanza di sicurezza di decine di chilometri e fosse protetto da milioni di forti guerrieri, ebbe la medesima sensazione; pensare ad Arjuna era come pensare al dio della morte in persona.
E il grande giorno cominciò.
Il terzo dei figli di Kunti, diretta progenie del re dei pianeti celesti, esaminò l’esperta opera del maestro. Poi disse:
Oggi Dronaha superato sé stesso, e anche noi dovremo farlo. O Krishna, o Govinda, vedi? a proteggere il primo dei tre strati a forma di ruota c’è Durmarshana, uno dei fratelli di Duryodhana. Penetreremo nell’esercito nemico cominciando da lì.
Shri Krishna, quindi, in accordo al desiderio del suo amico e devoto, spronò i cavalli in direzione dell’esercito di elefanti del Kurava; quando li videro arrivare di gran carriera, i soldati si fecero coraggio tra loro e si batterono con grande impegno. Ma l’impeto di Arjuna era pari a quello di un uragano: ne seguì un tale massacro che nessuno ebbe la forza di continuare a combattere; i sopravvissuti, Durmarshana compreso, dovettero darsi a una fuga precipitosa.
Il fratello era fuggito senza ritegno e il punto di collisione oramai divenuto un immenso cimitero, così Dusshasana intervenne, coadiuvato dal suo esercito di elefanti. Ma in pochi secondi l’aria si riempiva delle frecce di Gandiva, e il suono dell’arco celestiale diveniva simile a un concerto di strumenti a corda; e il risultato fu la distruzione quasi totale: lo stesso Dusshasana, che aveva cominciato quel duello con un sorriso di scherno sul viso, dovette poi fuggire precipitosamente. Tutti stentavano a crederci, era una cosa assolutamente incredibile: in pochi minuti Arjuna era riuscito a passare oltre la prima formazione.
Ora che abbiamo messo in fuga i fratelli del nostro detestabile cugino, disse il Pandava con un sorriso sulle labbra, dovremo affrontare Drona e il suo battaglione che ha disposto a padma-vyuha, il fiore di loto. Lo stesso schieramento per colpa del quale è morto Abhimanyu. Amico, non perdiamo altro tempo, guidami laddove si trova il nostro acarya.
Appena vide la venerabile figura abbastanza vicina, Arjuna fece fermare il carro e giunse le mani in segno di rispetto.
O maestro, concedimi le tue benedizioni. Solo così riuscirò a vincere questa guerra. Dopo aver penetrato facilmente nel primo strato, mi trovo ora davanti a te, e se tu non lo desideri non riuscirò mai a vincerti. Permettimi di addentrarmi nel vyuha che tu hai costruito con tanta sapienza. Fa sì che io possa procedere per la mia strada.
Drona si sentiva colmo di ammirazione e nel contempo sorpreso al pensiero di quanta umiltà e modestia potessero essere presenti nell’animo di un uomo tanto valoroso.
Non puoi penetrare nel vyuha senza prima avermi sconfitto, rispose l’acarya con un gran sorriso. Desidero combattere contro di te.
E i due diedero luogo a un altro fantastico duello.
Ma ancora, come quando era presente Bhishma sul campo di battaglia, il virtuoso Pandava combatté senza entusiasmo, quasi distrattamente. In effetti un senso di disgusto gli stringeva lo stomaco al pensiero degli atti atroci che era continuamente costretto a commettere. Solo qualche giorno prima aveva dovuto scagliare le sue armi contro il corpo dell’amato nonno, e ora si vedeva in lotta con il suo guru che rispettava e venerava. Eppure egli comprendeva di doversi scuotere da quel senso di prostrazione; se dianzi infatti sarebbe stato difficile tirarsi indietro, ora era diventato impossibile. Per quel duello trascorse molto tempo.
Si sta facendo tardi, gli disse Krishna allarmato. Drona è troppo forte e potrebbe tenerti impegnato per delle ore. Se continua così, non riuscirai ad arrivare da Jayadratha prima del tramonto. Abbandona il duello e penetra nel padma-vyuha.
Raccolto il suggerimento, Arjuna offrì al maestro rispettosi omaggi, e disse a Krishna di spronare i cavalli alla loro massima velocità; come un lampo essi si introdussero nel secondo strato, spargendo morte e distruzione. Doveva recuperare il tempo perduto nel duello con Drona, e per questo il Pandava combatté con furia raddoppiata.
Vedendolo nel mezzo del suo esercito, Drona si accingeva a inseguirlo proprio nello stesso momento in cui tre forti generali, Kritavarma, Sudakshina e Shrutayus, ognuno appoggiato dai rispettivi battaglioni, lo raggiungevano e lo sfidavano. Attaccato in contemporanea, Arjuna preferì non perdere altro tempo prezioso in un normale combattimento e si ritrovò costretto ad invocare il brahmastra per scrollarsi di dosso quegli scomodi nemici. L’effetto di quell’arma fu tremendo: il cugino di Krishna, Kritavarma, fu gravemente ferito, tanto che cadde privo di sensi nel suo carro. Sudakshina, invece, vista la situazione, preferì fuggire.
Fu allora che il coraggioso Shrutayudha, in possesso di una mazza di origine divina, attaccò il valoroso Partha con tutta la rabbia che aveva in corpo, e con la mente annebbiata dal desiderio di uccidere entrambi gli avversari. Questo valoroso monarca aveva ricevuto l’arma in cambio di numerose e difficili austerità, e con quella nessun nemico avrebbe mai potuto resistergli, chiunque egli fosse stato; per di più chi la possedeva diventava praticamente invulnerabile. L’unico suo punto debole consisteva nel fatto che mai avrebbe dovuto essere lanciata contro un uomo privo di armi e che non fosse partecipe ai combattimenti: ciò sarebbe risultato fatale al suo possessore.
Shrutayudha combatté con grande ardore, ma non riuscendo ad avere la meglio, si sentì pervadere dall’ira e perse il lume della ragione. Pensando che fosse Krishna la sorgente della forza del Pandava, afferrò la mazza e gliela scagliò addosso. Ma all’improvviso l’arma cambiò direzione e guizzò verso di lui, colpendolo a morte. Alla vista di Shrutayudha che cadeva al suolo ricoperto di sangue, Sudakshina tornò sui propri passi e combatté con valore; ma in seguito a un aspro duello anche lui perse la vita.
Dopo che anche i due maharatha Shrutayus e Acyutayus ebbero trovato la morte per mano del terribile Pandava, i soldati che componevano la padma-vyuha di Drona si dispersero per il terrore. A quel punto l’avanzata di Arjuna diventò agevole.
Vedendo il cugino procedere così speditamente, Duryodhana, allarmato, corse dal maestro.
Guarda, Arjuna si sta dirigendo verso Jayadratha praticamente senza più ostacoli. perché gli hai permesso di penetrare all’interno delle nostre formazioni? perché non l’hai fermato? o vuoi forse che Jayadratha muoia?
Io ho cercato di farlo, ribatté questi cercando di mantenere la calma, ma i suoi cavalli sono troppi veloci e io non ho Krishna alla guida del mio carro. Cosa pretendevi che facessi? Io sono vecchio oramai e non ho più la forza e l’agilità di una volta. Tu però sei giovane e puoi andarci al mio posto. O non vuoi più che io catturi Yudhisthira? Ciò potrebbe essere la soluzione a questa guerra.
Ti stai prendendo gioco di me? Come puoi pensare che io riesca a fermare Arjuna se tu, che sei molto più forte di me, non ci sei riuscito?
Non temere, rispose Drona. Farò in modo che le frecce del Pandava non penetrino nel tuo corpo. Prendi quest’armatura: è protetta da Brahma, e qualsiasi parte del corpo che essa ricopre non corre il rischio di essere raggiunta da alcun’arma. Quando Indra si trovò di fronte il grande asura Vritra, la indossò, e poté combattere al pari del formidabile nemico. Indossala tu, ora, e corri a fermare Arjuna.
Non particolarmente entusiasta della cosa, Duryodhana fece comunque come il maestro gli aveva detto.
Quando avvistò Arjuna, questi aveva già percorso metà strada rispetto al punto in cui Jayadratha stazionava.
Nel frattempo l’armata dei Pandava guidata da Drishtadyumna, grazie alla breccia aperta da Arjuna, aveva sorpassato la prima vyuha ed era arrivata nei pressi di Drona. In quel punto lo scontro infuriò con immane crudeltà. In pochi minuti le vittime furono migliaia. Numerosi furono i duelli singoli che i grandi eroi ingaggiarono fra di loro. Travolto dalla furia e dalla scienza militare di Drona, Drishtadyumna ebbe la peggio. poté salvarsi solo grazie al soccorso di Satyaki, che rispose in modo mirabile agli attacchi del maestro, tanto che Drona stesso non riusciva a credere ai suoi occhi quando lo vide muoversi in quel modo sul campo di battaglia.
Guardate Satyaki, diceva. Guardate come combatte. C’è qualcun altro nel mondo che sa fare ciò che fa lui? Mi sembra di vedere Bhishma stesso, oppure il suo maestro Arjuna, o Parashurama o addirittura il generale dei deva, il figlio di Shiva, Kartikeya.
Così Drona si lanciò contro quel formidabile guerriero e ne risultò una lotta talmente affascinante che persino gli esseri che abitano sui pianeti celesti vennero ad ammirarli. finché quello straordinario duello non fu interrotto dall’arrivo dei rinforzi da ambo le parti che scatenò una mischia caotica.
Mahâbhârata
A partire dal IV secolo a.C. fino al IV secolo d.C.
DRONA PARVA
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