All’alba del quinto giorno Bhishma, sommo maestro del Dhanur-veda, sistemò l’esercito secondo le forme del makara. A queste i Pandava risposero con la disposizione tattica del falco.
Di nuovo i guerrieri si scontrarono con indicibile furore.
Il rumore delle spade, il guizzo delle lance e delle frecce, il boato delle esplosioni delle varie armi celestiali e altre decine di spaventevoli fragori si mischiarono alle grida di guerra, ai richiami delle sfide, agli ordini dei comandanti e ai lamenti dei feriti e dei moribondi. Erano terribili scene di morte.
Deciso a non lasciargli troppa iniziativa, Bhima si oppose al comandante nemico, ma la sua forza sovrumana non gli fu sufficiente. Così contro il figlio di Ganga dovette intervenire Arjuna, che riuscì a fatica a contenerne l’azione devastatrice. Bhima, d’altro canto, non si perse d’animo e, scorti alcuni figli di Dritarashtra nelle vicinanze, si lanciò al loro inseguimento. Duryodhana corse immediatamente da Drona.
Guarda Bhima: sta per lanciarsi contro i miei fratelli. Tu e gli altri cosa fate? Correte in loro aiuto!
Sei uno sciocco, rispose con rabbia l’acarya. È inutile che ci rimproveri quando noi stiamo facendo il nostro meglio per portarti alla vittoria. Ma non ti rendi conto di quanto siano forti i tuoi odiati nemici?
E senza neanche aspettare la replica del discepolo, Drona tornò nel vivo della battaglia, ove fu prontamente affrontato da Satyaki. Il duello che ne scaturì fu spettacolare.
Nel frattempo per la prima volta Bhishma e Shikhandi si erano ritrovati di fronte, faccia a faccia. Shikhandi non era altri che la reincarnazione di Amba che nella vita presente era rinata donna e solo in seguito, grazie a uno yaksha, aveva acquisito gli organi sessuali maschili. Non volendo rispondere agli attacchi dell’avversario, Bhishma subiva senza batter ciglio.
Intanto Drona, che era seriamente impegnato in una lotta contro Satyaki, si accorse della situazione critica in cui si era ritrovato Bhishma e ricordò gli avvertimenti di Duryodhana: l’anziano doveva essere protetto da Shikhandi, perché si sarebbe rifiutato di reagire ai suoi attacchi. Nonostante Bhishma fosse del tutto inerme davanti a lui, Shikhandi continuava a colpirlo, trafiggendolo con le sue frecce in più punti del corpo, tanto da farlo sanguinare abbondantemente. I cinque fratelli Pandava, vedendo il Panchala in posizione di vantaggio, si unirono a lui e attaccarono in forze. Il terreno era intriso di sangue e interamente lastricato di corpi, tanto che muoversi con i carri cominciava a essere difficoltoso. Arrivò a dar man forte anche Virata, che trafisse Bhishma con una freccia aguzza.
Intanto Asvatthama e Arjuna avevano iniziato un furioso duello sotto gli occhi di Drona, che sorrideva deliziato nell’appurare quanto il figlio e il suo discepolo favorito avessero imparato a combattere. Ma Arjuna, per rispetto verso il figlio del guru, si spostò su un altro fronte ed evitò di continuare il duello.
Bhima e Abhimanyu seguitavano a seminare panico: Duryodhana tentò di opporsi al prodigioso ragazzo mentre questi, penetrando all’interno della sua armata, la divideva in due parti; ma fu ferito gravemente al petto. Vedendo il padre in difficoltà, era intervenuto anche Lakshmana, ma anch’egli era stato ridotto a mal partito e salvato miracolosamente da Kripa.
Quel giorno il discepolo favorito di Arjuna, Satyaki, era in forma smagliante; tutti riscontrarono in lui la stessa rapidità di movimenti, la stessa leggerezza di tocco e la stessa potenza del maestro. Ne ammirarono la grazia e l’efficacia delle azioni, che costrinsero alla fuga l’acerrimo nemico Bhurishrava.
Al tramonto Bhishma ordinò la ritirata; i superstiti, stanchi e feriti, tornarono all’accampamento.
Quella sera fu Arjuna a sentirsi particolarmente depresso: odiava dover combattere contro l’amato nonno, contro il venerabile Drona, e Kripa e migliaia di altri amici e parenti. Odiava quella guerra e Duryodhana che l’aveva promossa.
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