Zwei sich umarmende Frauen
Così le aspirazioni degli anarchici hanno parecchi punti di contatto con quelle di molti uomini di cuore e generosi delle differenti religioni, sette e partiti; ma si distinguono da tutti nella scelta dei metodi da seguire, in modo, come lo dice lo stesso nome, il meno ambiguo.

La conquista dei pubblici poteri: ecco il pregiudizio maggiore di tutti i rivoluzionari di ieri e di oggi, anche i meglio intenzionati. La educazione ricevuta non permette loro di concepire una società libera, senza un governo regolare; e seguendo le proprie idee preconcette, non appena riescono ad abbattere i padroni odiati, si affrettano a sostituirli con altri, destinati secondo la formola consacrata, a «far la felicità del loro popolo».

Per solito non si osa preparare un cambiamento di dinastia o di governo, senza far omaggio di obbedienza al sovrano futuro: «Il re è ucciso! viva il re!» gridano gli schiavi, che rimangono schiavi anche nella ribellione.

Durante secoli e secoli, tale è stato immancabilmente il corso della storia. «Come si farebbe a vivere senza padrone?» domandansi i sudditi, le donne, i fanciulli, i lavoratori della città e delle campagne e, deliberatamente, hanno piegata sempre la testa e offerto il collo al nuovo gioco, come il bue che tira l’aratro. Chi non ricorda gl’insorti del 1830, che dicevano di volere la migliore delle repubbliche, nella persona del nuovo re, ed i repubblicani del 1848 che modestamente ritornavano ai loro tuguri dopo aver messi «tre mesi di miseria a servizio del governo provvisorio!» In quel tempo stesso scoppiò una rivoluzione in Germania, e nel parlamento che si riunì a Francoforte uno dei rappresentanti avendo esclamato: «l’antica autorità è ridotta un cadavere,» il presidente dell’assemblea gli rispose: «Noi la risusciteremo! Chiameremo nuovi uomini, che sapranno riconquistare al governo la fiducia della nazione».

È proprio il caso di ripetere il verso di Victor Hugo: «Gli istinti vecchi dell’uomo lo riconducono all’infamia».

Contro questo istinto l’anarchia rappresenta veramente lo spirito nuovo. Voi non potete accusare gli anarchici di voler sbarazzarsi di un governo per sostituirsi a lui. Il levati di lì, ci vo star io, è la frase di cui essi hanno più orrore, ed a priori disprezzano, o almeno sentono pietà per chiunque, preso dalla tarantola del potere, briga per conquistarlo sotto il pretesto di fare, anche lui, il bene del popolo.

Gli anarchici, appoggiandosi alla esperienza storica ed alla osservazione, concepiscono lo Stato non come una pura entità, o formula filosofica, ma come un certo numero di persone poste in un ambiente speciale e destinate quindi a subirne l’influenza.

Queste persone elevate a maggiori dignità, al potere, ad un trattamento superiore a quello degli altri cittadini, sono perciò solo forzati, per cosi dire, a credersi essi stessi superiori alla gente comune; e frattanto le seduzioni che li assediano e le tentazioni li fanno cadere fatalmente al disotto del livello generale.

Ciò noi ripetiamo, senza stancarci mai, ai nostri fratelli — troppo spesso fratelli-nemici — i socialisti autoritari: «In guardia dai vostri capi e dai vostri rappresentanti! Essi sono certamente come voi inspirati dai migliori propositi; desiderano ardentemente l’abolizione della proprietà privata e della tirannia dello Stato; ma le relazioni e le occasioni nuove li cambiano a poco a poco: la loro morale in stretta connessione col loro interesse si altera, e, pur credendosi sempre fedeli alla causa dei loro rappresentati, le divengono per forza di cose infedeli.

Anche essi, divenuti detentori del potere, dovranno servirsi degli strumenti di potere: esercito, preti, magistrati, carabinieri, poliziotti e spie.

Sono già passati più di tremila anni, dacché il poeta degli Hindu che scrisse il Maha Bharata, riassunse in queste parole l’esperienza dei secoli: «L’uomo che va in carrozza non sarà mai l’amico dell’uomo che va a piedi».

Crediti
 Élisée Reclus
 L'Anarchia
 SchieleArt •  Zwei sich umarmende Frauen • 1911



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