Socrate diceva che il suo ruolo nella società era simile a quello di un tafano. I tafani sono fastidiose mosche, un po’ più lente delle comuni, ma pungono. Il loro compito era disturbare, risvegliare una società che come un cavallo stanco si muoveva molto lentamente e rischiava di addormentarsi se non veniva punzecchiata di tanto in tanto da un filosofo. Il filosofo disturba perché mostra che ciò che crediamo di sapere, non lo sappiamo. Per questo Socrate diceva di sapere solo di non sapere nulla, ma, almeno sapendo questo, sapeva più degli altri. Da allora, il tafano in particolare, o la mosca in generale, è un simbolo della filosofia.
Tommaso d’Aquino afferma qualcosa di diverso. Non dice che non conosciamo nulla, ma che non conosciamo tutto. Per lui, la conoscenza della realtà è inesauribile. Si può sempre conoscere qualcosa di più. E usa proprio l’esempio di una mosca: non si può esaurire nemmeno l’essenza di una mosca. Cioè, se tutti gli esseri umani, per tutta la storia, avessero dedicato tutte le loro forze intellettuali a studiare una sola mosca, ci sarebbero ancora cose da imparare da essa. È come se la realtà non perdesse mai risoluzione, per quanto ci sforziamo di ingrandirla.
La mosca riappare in un aneddoto di René Descartes, o Cartesio, come era noto in latino. Il filosofo francese soffriva sempre per la sua salute precaria. Da bambino, trascorreva molte ore convalescente a riposo. Non perdeva tempo perché pensava. Ma si racconta che una volta il volo di una mosca lo distraesse e si chiese se fosse possibile determinare con precisione la posizione della mosca in ogni istante. Gli venne in mente che, se immaginava tre rette perpendicolari tra loro e assegnava numeri a ogni punto della retta, la posizione della mosca poteva essere determinata con assoluta precisione da tre numeri, uno per ciascuna di queste rette. Nascevano così gli assi cartesiani – gli assi di Cartesio – e con essi la geometria analitica, che è stata così feconda.
È vero ciò che dicono Tommaso e Socrate: la mosca è inesauribile e non è raro che sbagliamo nella nostra conoscenza. Ma è anche geniale ciò che fa Descartes. Cartesio non voleva esaurire la conoscenza della mosca, solo imparare a localizzarla con precisione. Questa è l’essenza del metodo proposto da Descartes per migliorare il nostro modo di pensare: non porsi grandi domande che sono inafferrabili. No. È meglio isolare problemi puntuali il cui enunciato può essere formulato con precisione. A questo si può rispondere. Non potremo mai esaurire l’essenza di una mosca, ma se seguiamo il metodo di Descartes, possiamo fare passi sicuri nella direzione giusta. Passi così sicuri da sopportare le punzecchiature di Socrate.
Comunque, non fa mai male un Socrate che di tanto in tanto ci disturba un po’. Per precauzione.
Il ruolo della mosca nella filosofia
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