La ragazzina con i capelli chiari sale sulla collina quasi tutti i giorni e il bisnonno racconta fiero che la figlia maggiore gioca con gli elfi. Dio aiuti quella povera bambina, dicono alcuni, allora lui si arrabbia oppure scoppia a ridere. Una volta la ragazzina torna a casa con un sasso dalla forma strana, sembra proprio un esserino, tutti intorno al tavolo lo studiano, se lo rigirano tra le dita, lei regala il sasso alla sorella più piccola, arriva la primavera e il cielo dissemina uccelli acquatici sulla penisola di Snæfellsnes.
Vanno ad Arnarstapi, il bisnonno lo definisce «un giro di compere in città» anche se città è un termine esagerato per questo gruppetto di case sparse. Eppure qualche volta il significato delle parole può cambiare a seconda di come le guardi, il che è un bene, vuol dire che esiste ancora qualche differenza tra le persone, tra i luoghi, vuol dire che c’è ancora un po’ di vita e di movimento nel linguaggio.
Per mio nonno e per la sua sorellina Arnarstapi è una città, una quantità impressionante di edifici. Lui ha quasi sette anni, lei quasi cinque e quell’anno trascorso sulla Snæfellsnes ha avvolto Reykjavík nella nebbia dell’oblio. Quando sei così piccolo i ricordi dell’anno precedente possono confondersi con i sogni. La figlia più grande fa una smorfia quando vede le sparute case di Arnarstapi. Il bisnonno parla con la gente, si informa, si presenta, la bisnonna fa compere poi va a passeggio con i bambini. C’è una casa un po’ distante dalle altre, come se cercasse di sottrarsi da qualcosa; una piccola casa di legno dove abita il capitano dai capelli rossi. Volevo dirti che non c’è bisogno che veniate da noi nelle prossime sei settimane, ci siamo riforniti di tutto il necessario con questo giro. Il capitano dice: ah sì, siete venuti a fare acquisti. È piccola e carina la tua casa, dice la bisnonna, è un po’ in disparte dalle altre. Mi piace stare al margine. Ah, ecco, bene, dice lei; in effetti non c’è altro da aggiungere, e lo saluta. Ma lui guarda i bambini e dice: in casa da me c’è un uccello con un’ala rotta, voglio farlo andare un po’ fuori, dopo.
Rimangono da lui per un’ora. A un certo punto la bisnonna e il capitano si ritrovano l’uno accanto all’altra, tanto vicini che le leggi perdono valore, tanto vicini che lei sente l’odore del pesce e del suo corpo caldo.
Crepitio di stelle
Traduzione dall'islandese di Silvia Cosimini
SchieleArt • Reclining Boy Leaning on His Elbow • 1917
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