Il fatto che vogliamo in generale è la nostra sventura: non ha alcuna importanza che cosa vogliamo. Ma il volere (l’errore fondamentale) non può essere mai soddisfatto; per questo non cessiamo mai di volere e la vita è una miseria continua: non è per l’appunto che l’apparenza del volere, il volere oggettivato. Ci illudiamo in continuazione che l’oggetto voluto possa porre fine al nostro volere, invece non appena è raggiunto, assume solo un’altra forma ed è subito di nuovo qui: è il vero demonio, che in continuazione si fa beffe di noi sotto altre forme. I motivi che mutano con varietà infinita sono solo gli esempi dalla cui totalità dobbiamo astrarre l’essenza della nostra volontà.
Senza i motivi non si potrebbe pervenire alla conoscenza della volontà: allo stesso modo che gli occhi non vedrebbero senza lo stimolo della luce. Occhio e sole, la volontà e i suoi motivi, in breve, il mondo intero ci sono di colpo. Anzi, non sono che l’apparenza della volontà unica.
Siamo solo noi stessi a poter porre fine al nostro volere, cessando appunto di volere; questo (la liberazione dal volere) avviene tramite la conoscenza migliore.
L’amore per l’oggetto la cui oggettivazione o apparenza è il mondo, e che, in quanto errore fondamentale, è a un tempo per così dire l’origine del male e del mondo (che sono propriamente tutt’uno). Dall’ultima cosa detta risulta chiaro che è incomparabilmente più vero dire: il diavolo ha creato il mondo, che non: Dio ha creato il mondo. La coscienza migliore non appartiene appunto al mondo, ma gli è contrapposta, non lo vuole.
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