In nome di una regola
Non è il fine che giustifica i mezzi; nel quadro della violenza, è il mezzo che giustifica il fine, conferendogli per mezzo della violenza, del sacrificio infine del mondo intero, un valore assoluto. Dato che ogni attività è allo stesso tempo valore, la violenza ha in sé la propria giustificazione, ovvero proclama con la sua esistenza stessa il diritto alla violenza. La violenza è dunque manichea, crede all’ esistenza di un ordine del mondo, dissimulato però da una volontà malvagia. È sufficiente distruggere l’ostacolo per far apparire l’ordine. Questo vale sia per l’antisemitismo che riporterà l’ordine nel mondo distruggendo gli ebrei, sia per il surrealismo che farà apparire il surreale all’orizzonte delle distruzioni. La violenza implica quindi la fiducia nel bene, ma non pensa che si debba fare il bene, bensì liberarlo. Paradossalmente dunque la violenza si presenta come moralismo assoluto. In nome di una regola, che il violento si crede naturalmente in diritto di imporre agli altri, si pretende di trarre dalla stessa violenza un ordine del mondo, in nome di una giustificazione che non deve giustificarsi. Il fatto fa il diritto…

Crediti
 Jean-Paul Sartre
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