La maniacalità come risposta al lutto rappresenta uno dei meccanismi difensivi più comuni ma anche più problematici nel processo di elaborazione della perdita. Quando una persona cerca di negare il dolore attraverso un’attività frenetica o sostituendo rapidamente ciò che ha perso, sta essenzialmente cercando di sfuggire al necessario lavoro del lutto.
Questa forma di negazione si manifesta spesso attraverso comportamenti compulsivi: un’attività lavorativa esasperata, la ricerca ossessiva di nuove relazioni, lo shopping compulsivo o qualsiasi altra forma di “riempimento” che miri a colmare il vuoto lasciato dalla perdita. La persona in stato maniacale cerca disperatamente di mantenere un ritmo accelerato nella propria vita, come se il movimento perpetuo potesse impedire al dolore di raggiungerla.
È importante comprendere che questa negazione del dolore non è una soluzione, ma piuttosto un differimento del necessario processo di elaborazione del lutto. La maniacalità agisce come un anestetico temporaneo: può dare l’illusione di star bene nell’immediato, ma non risolve il dolore sottostante. Al contrario, rischia di complicare ulteriormente il processo di guarigione, accumulando tensioni e disagio che prima o poi emergeranno.
La società contemporanea, con la sua enfasi sulla produttività e l’efficienza, tende a incoraggiare questo tipo di risposta al lutto. Siamo spinti a “andare avanti”, a “essere forti”, a “non lasciarci abbattere”. Questi messaggi, sebbene ben intenzionati, possono risultare dannosi perché negano la legittimità e la necessità del dolore come parte naturale del processo di elaborazione della perdita.
La maniacalità si manifesta anche nel tentativo di sostituire rapidamente ciò che si è perso. Questo può assumere varie forme: una nuova relazione sentimentale immediatamente dopo la fine di una precedente, l’acquisto compulsivo di oggetti per riempire il vuoto lasciato da una perdita, o l’immersione totale nel lavoro per evitare di pensare a chi non c’è più. Questi tentativi di sostituzione rapida sono destinati a fallire perché non affrontano il vero problema: la necessità di elaborare il lutto.
Il rischio maggiore della maniacalità è che può trasformarsi in una forma cronica di evitamento del dolore. La persona può sviluppare un pattern comportamentale in cui la fuga dalla sofferenza diventa l’unica strategia conosciuta per affrontare le perdite. Questo può portare a una serie di relazioni superficiali, a dipendenze comportamentali o a una vita emotivamente impoverita.
Per superare questa tendenza alla maniacalità, è necessario riconoscere che il dolore è una parte inevitabile e necessaria del processo di elaborazione del lutto. Questo non significa abbandonarsi passivamente alla sofferenza, ma piuttosto accettarla come parte di un processo più ampio di guarigione e trasformazione. È importante trovare un equilibrio tra il mantenimento delle attività quotidiane e la creazione di spazi e momenti per sentire e elaborare il dolore.
La vera guarigione richiede il coraggio di fermarsi, di sentire il dolore e di attraversarlo consapevolmente. Solo così possiamo sperare di integrare la perdita nella nostra vita in modo sano e costruttivo, evitando le trappole della maniacalità e della negazione.
Pubblicato in Italia nel mese di gennaio del 2016
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