E non pensate che abbia esagerato in qualcosa, in nome di Dio, non lo pensate, Nasten’ka, perché a volte mi capitano dei momenti di una tale angoscia, di una tale angoscia… Perché in quei momenti già inizia a sembrarmi che non sarò mai capace di cominciare a vivere una vera vita; perché ho già avuto l’impressione di aver perso ogni misura, ogni senso della realtà, della autenticità; perché, infine, ho maledetto me stesso; perché dopo le mie fantastiche notti mi capitano ormai momenti di ritorno alla realtà che sono terribili! Nel frattempo senti rumoreggiare e turbinare in un vortice vitale una folla di gente intorno a te, senti, vedi la gente vivere, – vivere nella realtà, vedi che la vita per loro non è proibita, che la loro vita non si dilegua come un sogno, come una visione, che la loro vita si rinnova di continuo, è di continuo giovane e nessun suo momento è simile ad un altro, mentre è triste e monotona fino alla trivialità la timorosa fantasia, schiava dell’ombra, del pensiero, schiava della prima nuvola che d’improvviso vela il sole e colma di angoscia un autentico cuore pietroburghese, che tanto ha caro il proprio sole, – e quale fantasia c’è ormai nell’angoscia! Senti che alla fine si stanca, si esaurisce in un’eterna tensione, quella inesauribile fantasia, perché ti fai uomo, perdi i tuoi precedenti ideali: essi si frantumano in polvere, in pezzi; se non hai un’altra vita, allora ti tocca costruirla con quei pezzi. Ma nel frattempo l’anima chiede e vuole qualcos’altro! E il sognatore fruga invano, come nella cenere, nei suoi vecchi sogni, cercando in quella cenere almeno una scintilla, per soffiarci sopra, per scaldare al fuoco rinnovato un cuore ormai freddo e ridestare in esso tutto ciò che prima gli era caro, che toccava l’anima, che faceva ribollire il sangue, che strappava le lacrime dagli occhi e ingannava tanto magnificamente!
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