Si immagini la storia come una massa globulare, una nebulosa, con oggetti puntuali inegualmente distribuiti e stati d’intensità differenziali: insieme aleatorio e stocastico più che continuo statistico. Il presente allora non sarebbe spesso che la derivata di questi oggetti e di questi stati, sorta di punti-nodo a partire da cui la storia non cessa di ricominciare, per produrre nuove intensità e nuovi oggetti.

Parola di verità, tecnologia del potere, macchina desiderante: ecco la triplice funzione delle formazioni discorsive. L’operazione monotona del potere per «controllare» il desiderio è sempre stata quella di iniettarvi la mancanza, la penuria, la rarità, operazione indispensabile per aver presa sui corpi (il corpo organico, il corpo economico, il corpo libidinale): dal momento che manchi di qualcosa, non potrai fondare le tue richieste che su questa mancanza, e qui ti terremo: infaticabile ed inesauribile piège della dipendenza predisposta. Così per secoli, attraverso le pratiche sceniche, la regola confessionale, la codificazione medica, il potere ha avuto (facile) presa sul corpo desiderante; sulla mancanza iniettata, e tramite tutta una strategia complessa, negativa (repressione) e positiva (allargamento costante dei confini del controllabile e del sorvegliabile), e tutta una strumentazione parallela di teorie filosofiche e di pratiche mediche, penali, criminalistiche, il potere ha trovato le sue condizioni di funzionamento e il suo campo d’applicazione. Ecco, contro tutto l’arsenale edipico di queste applicazioni (coi suoi paralogismi e i suoi effetti), e l’indicazione dello spazio reale e del funzionamento macchinico del desiderio finalmente liberato dalle sue catene, muove questo saggio.
EE la psicanalisi, in tutto questo? Sul rapporto tra la psicanalisi e l’Antiedipo occorre secondo noi dissipare subito almeno due malintesi quasi inevitabili.
Da una parte, e in primo luogo, bisognerebbe evitare di prendere l’Antiedipo come l’ennesimo tentativo di conciliare Marx e Freud, o, se non di conciliarli, di metterli ancora una volta a confronto: interminabile, e spesso sterile, impresa di quel che si definisce il freudomarxismo, monotono lavoro di cucitura o di sgretolamento sul piano molare delle teorie, con gli strumenti concettuali della mancanza (ha visto questo ma non quello), dell’ideologia (non ha potuto vedere questo o quello) del misconoscimento e del diniego (ha visto ma ha subito occultato). Ora non si tratta tanto di mettere a confronto le teorie, ma di riprendere la questione che le genera e le articola nel reale stesso, e non nei testi; si tratta allora di rimettere il desiderio al suo posto, nel reale e nell’infrastruttura (quel desiderio di cui Freud aveva scoperto l’essenza universale astratta) mostrandone il funzionamento macchinico e produttivo (la produzione analizzata da Marx a livello delle grandi macchine molari). Il desiderio come universalità astratta e il funzionamento delle grandi macchine sociali preesistono infatti ai testi di Marx e Freud; essi sono il risultato della decodificazione capitalistica, la questione così come il capitalismo, nel suo funzionamento reale, permetteva di porla: se poi Marx, nella sua macchina teorica, non sembra far posto al desiderio, e se Freud fa del desiderio, che è una fabbrica, un teatro, è meno questione di ideologia, di misconoscimento o di diniego che la conseguenza del fatto che il capitalismo ha tutto predisposto per tenere dissociati produzione e desiderio, per territorializzare l’uno e molarizzare l’altra, per impedire comunque che la congiunzione potesse realizzarsi, proprio perché essa rappresenta il pericolo mortale per la sua riproduzione. Ora l’Antiedipo è proprio questo: il luogo della congiunzione, lo smontaggio dei dispositivi istituzionali e teorici (la famiglia e l’Edipo, soprattutto) che non hanno cessato di scongiurarla, l’innesto della produzione sul desiderio: c’è solo del desiderio e del sociale, una volta smontati i meccanismi della privatizzazione familiare e del ripiegamento edipico, una volta individuati i due tipi opposti di investimento, investimenti di desiderio paranoico-fascisti, a livello molare, e investimenti schizofrenico-rivoluzionari a livello molecolare. In secondo luogo, e in questo senso, l’Antiedipo non è un libro contro la psicanalisi, l’ennesimo, dopo quello di Reich, Marcuse, Fromm e tutti quanti, tentativi laboriosi, in ultima analisi, per salvare almeno i mobili e ridarle fiato. In questo senso l’Antiedipo è piú vicino al lirismo corrosivo di un Miller o di un Lawrence, che già negli anni “20” denunciava la profonda ostilità contro la vita, in Freud, la concezione dell’inconscio come luogo di credenze secondarie e indotte, la legalizzazione scientista della sessualità così come si manifesta dopo la repressione; più vicino al Wittgenstein delle Lezioni e conversazioni, quando diceva:
Ancora nessun commento