Ipertrofizzazione dell'intellettualismoIo amo la foresta. Male si vive nella città: vi sono troppi libidinosi» (v. Gaia scienza p. 109). Questa ed altre considerazioni della stessa natura indussero alcuni grandi interpreti nietzscheani a riconoscere nella metropoli uno spazio di ipertrofizzazione dell’intellettualismo, il luogo culmine della decadenza in cui l’uomo finisce col consumarsi e dissolversi. Già nel suo scritto del 1913 L’uomo e la terra Klages preconizza i rischi dell’accelerazione della vita, dell’espansione urbana, del capitalismo, dell’utilitarismo economico, del consumismo e dell’ideologia del progresso. Nella sua opera specificatamente incentrata su Nietzsche egli mostra poi come l’esperienza metropolitana – in una prospettiva di antagonismo originario tra fare esperienza e pensare, nonché tra anima e spirito – costituisca l’elemento più deleterio e desertificante della storia dell’uomo, ormai ridotto a vivere: In un tempo in cui […] le immense città ricoperte di filo metallico sembrano oasi sempre più insicure all’interno di un deserto che continua a espandersi sulla superficie della terra, nella quale la sopravvivenza dell’ultimo albero della foresta vergine è solo ancora questione di pochi anni, dove l’umanità di una volta, l’umanità dei templi, dei culti, delle immagini divine, assassinata dai colpi della «civilizzazione (Zivilisation) giace negli spasmi della morte […].

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