Si è posta inadeguatamente in molte maniere la relazione tra l’etica e la politica. La prima maniera è la non relazione tra l’etica (come obbligazione soggettiva del singolare) e la politica (che rimane determinata in una maniera esterna, legalmente o coattivamente). È approssimativamente la posizione di Kant. In certa maniera la politica perde ogni normatività e le sue regole sono puramente procedurali o machiavelliche.
Altri opinano che c’è una etica politica, ma in certa maniera la soluzione è tanto ambigua come la precedente. I principi dell’etica politica sono etici, e la politica come tale può esercitarsi senza tali principi estrinseci.
La posizione di K. -0. Apel o J. Habermas tenta di indicare la maniera nella quale i principi morali-discorsivi astratti si applicano al principio democratico o del diritto. Almeno in questo caso di salva la normatività, ma si cade in un formalismo (ci sono soltanto principi politici formali: il democratico o del diritto).
La soluzione è, quindi, diversa. In primo luogo, è necessario accettare che l’etica ha principi normativi universali. Ma l’etica non ha un proprio campo pratico, poiché nessun atto può essere puramente etico. Si giocano sempre in qualche campo pratico concreto (economico, politico, pedagogico, sportivo, familiare, culturale, ecc.). Ma d’altra parte, l’obbligazione etica si esercita in maniera distinta in ciascun campo pratico. L’obbligazione del Non uccidere! (la similitudine etica) si esercita nel campo politico come un Non uccidere l’antagonista politico!. In questa obbligazione consiste la normatività (dovere, esigenza) del campo politico (analoga alla normatività etica, che è l’analogo principio astratto). I principi politici sussumono, incorporano i principi etici e li trasformano in normatività politica.
I principi politici sono, d’altra parte, principi intrinseci e costitutivi della potentia (il potere della comunità) e anche della potestas (dell’esercizio delegato del potere), poiché ciascuna determinazione del potere è frutto di una obbligazione politica che impera come dovere sugli attori nelle loro azioni e nel compimento della funzione delle istituzioni. I principi politici costituiscono, rinforzano e rigenerano da dentro, obbligando gli agenti, ad affermare la volontà della vita, nel consenso fattibile di tutta la comunità, nelle loro azioni in vista dell’egemonia (come potere obbedienziale) e incoraggiando il compimento dei compiti di ciascuna sfera istituzionale (materiale, formale di legittimità e di fattibilità efficace).
Colui che non realizza i principi normativi della politica non è soltanto un politico ingiusto (soggettivamente), bensì che indebolisce oggettivamente e logora il potere, le azioni e le istituzioni attraverso le quali pretende governare. Il feticismo del potere (che è il non compimento della normatività politica) è autodistruttivo. Isola il potere delegato (potestas) della fonte del potere (potentia).
I principi politici imperano implicitamente, come le regole grammaticali che una madre insegna a suo figlio, benché non sappia nulla di grammatica, quando lo corregge esclamando: Non si dice casa colorato, ma colorata! – la madre sa implicitamente le regole della concordanza dei generi dei sostantivi e degli aggettivi. Alla stessa maniera tutti i politici sanno implicitamente i principi. Tuttavia, è bene esplicitarli per avere più coscienza normativa, per potere insegnarli più chiaramente, per potere fondarli.
Almeno i principi normativi della politica, gli essenziali, sono tre. Il principio materiale (M) obbliga a curare la vita dei cittadini; il principio formale (L) democratico determina il dovere di agire sempre rispettando le procedure proprie della legittimità democratica; il principio della fattibilità (F) limita egualmente ad operare soltanto per il possibile (al di qua della possibilità anarchica, e al di là della possibilità conservatrice).
Questi principi, senza ultima istanza, si determinano mutuamente, essendo ciascuno di essi la condizione condizionante condizionata dagli altri.
Legenda dello schema chiamato di Mutua codeterminazione dei principi politici:
M: Sfera materiale. L: Sfera formale normativo procedurale del sistema di legittimazione o democratico. F: Sfera di fattibilità strategica. Le frecce a, b, c, d, ecc. indicano la mutua determinazione e la loro direzione senza ultima istanza.
Nella tradizione marxista standard il principio materiale (economico) è l’ultima istanza. Nella tradizione liberale il principio formale-democratico è l’ultima istanza. Nel cinismo della politica senza principi, la fattibilità opera senza restrizione alcuna. Qui si tenta di superare queste posizioni riduttive. La freccia a indica la determinazione formale delle legittimità democratica di tutte le azioni e istituzioni economiche, ecologiche, culturali. La freccia f, al contrario, indica la determinazione materiale delle azioni o istituzioni democratiche, e così successivamente. Praticamente le altre possibilità, per esempio, la freccia b indica la determinazione materiale della fattibilità. Per esempio: un paese povero (Devi difendere la vita del popolo!) non può avere un esercito offensivo tecnicamente potente, ma potrebbe sviluppare una tattica difensiva che gli permetta di sconfiggere il migliore esercito (Devi decidere il fattibile!). Non è il caso del popolo spagnolo all’inizio del XIX secolo contro Napoleone o ancora nel 2006 l’Iraq contro G. W. Bush?
Si tratta, quindi, di una mutua e complessa codeterminazione senza ultima istanza.
Tutta la filosofia politica moderna europea suppone sempre il principio materiale che desideriamo indicare. Th. Hobbes spiega nel Leviatano (1642) che nello stato di natura alcuni individui stabiliscono un continuo stato di guerra; alcuni uccidono gli altri. Affinché la vita sia possibile è necessario stipulare un patto; si stabilisce così lo stato civile, dove è possibile la sopravvivenza. Questo ragionamento si trova sotto l’argomentazione di B. Spinoza, J. Locke o J. J. Rousseau. Si presuppone, quindi, che l’istituzionalità politica è fondata sulla possibilità della produzione, riproduzione e miglioramento costante della vita dei cittadini in comunità politica.
Materiale non vuole significare qualcosa di fisico, bensì di contenuto. Come quando si dice: Il contenuto o la materia che espongo in questo libro è la politica. In questo senso, il contenuto (o la materia) di tutta la politica (dei suoi atti, istituzioni, ecc.) è in ultima istanza la vita umana, la vita concreta di ciascuno, la vita nuda – più concreta che la nuda vita di G. Agamben. Ogni azione o istituzione politica ha per contenuto il riferimento alla vita. L’agricoltura produce alimenti per la vita. Le strade accorciano la distanza per compiere funzioni che, da mediazione in mediazione, è sempre alla fine qualche dimensione della vita umana. Ciò che si tratta in politica è di creare le condizioni per la possibilità della vita della comunità (e di ciascun membro) e per il suo accrescimento: una vita possibile; una vita qualitativamente migliore. Scriveva Johann Fichte:
‘Il fine di ogni attività [politica] umana è che noi si possa vivere; e a questa possibilità di vivere hanno un uguale titolo giuridico tutti coloro cui la natura ha dato la vita. La divisione, dunque, dev’essere fatta innanzi tutto in modo che a tutti sia assicurata l’esistenza. Vivere e lasciar vivere‘ (Lo Stato commerciale chiuso (1800), Lib. I, cap. i, 11; Fichte, 1991, p. 19 [tr. il. in G. F., Lo Staio di tutto il popolo, a cura di N. Merker, Roma, Editori Riuniti, i978, p. 231)
Per questo, una descrizione minima dell’indicato principio materiale potrebbe enunciarsi nella seguente maniera: Dobbiamo operare sempre affinché ogni norma o massima di ogni azione, di ogni organizzazione o di ogni istituzione (micro o macro), di ogni esercizio delegato del potere obbedienziale, abbiano sempre come proposito la produzione, mantenimento e miglioramento della vita immediata dei cittadini della comunità politica, in ultimo termine di tutta l’umanità, essendo responsabili anche di quegli obiettivi nel mediano e lungo termine (i prossimi millenni). Il breve termine dei periodi di carica a sei anni ha corrotto la politica nazionale e internazionale, in maniera che un progetto di sopravfvivenza dell’umanità entro i prossimi mille anni, ciò che sarebbe perfettamente fattibile, è impensabile. In questa maniera, l’azione politica e le istituzioni potranno avere pretesa politica di verità pratica, nella sottosfera ecologica (di mantenimento e accrescimento della vita in generale del pianeta, specialmente riguardo alle generazioni future), nella sottosfera economica (di permanenza e sviluppo della produzione, distribuzione e interscambio di beni materiali) e nella sottosfera culturale (di conservazione dell’identità e crescita dei contenuti linguistici, assiologici, estetici, religiosi teorici e pratici delle tradizioni culturali corrispondenti. La soddisfazione dei bisogni della corporalità vivente dei cittadini (ecologiche, economiche e culturali) proveranno come fatto empirico l’ottenimento della pretesa politica di giustizia del governante. È un principio con pretesa universale, il cui limite è il pianeta Terra e l’umanità nel suo insieme, nel presente e fino nel lontano avvenire.
La politica è prima di tutto un’azione in vista del miglioramento della vita umana della comunità, del popolo, dell’umanità!
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