Più i paradossi su Dio sono audaci, meglio ne esprimono l’essenza. Perfino le ingiurie gli sono più vicine della teologia o della meditazione filosofica. Rivolte agli uomini sarebbero irrimediabilmente grossolane, o irrilevanti; l’uomo non ha in sé alcuna responsabilità, dato che all’origine dell’errore e del peccato è il suo creatore. La caduta di Adamo è prima di tutto un disastro divino. L’Eterno ha scaricato nell’uomo tutte le proprie imperfezioni, la sua putredine, il suo decadimento. La nostra comparsa sulla terra dovrebbe salvare la perfezione divina. Ciò che nell’Onnipotente era «esistenza», infezione temporale, colpa, si è canalizzato nell’uomo e Dio ha salvato così il proprio nulla. Grazie a noi che gli serviamo da immondezzaio, Egli resta svuotato di tutto.
Ecco perché, quando ingiuriamo il cielo, lo facciamo in virtù del diritto di colui che porta sulle spalle il fardello di un altro. Dio non è all’oscuro di quello che ci succede – e se ha mandato il Figlio, affinché ci tolga una parte delle nostre pene, lo ha fatto non per pietà, ma per rimorso.
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