Il falso mito del volere è potere. Non il volere, ma la «consapevolezza» è potere.
Il falso mito tanto propagandato da noi in Occidente, in ogni ambito, anche quelli purtroppo della cura mentale, dove necessaria – ancor prima del volere – è una sana predisposizione psichica che includi e badi l’inconscio. Già, perché il motto nevrotico del volere è potere (che ammetterei soltanto in specifici contesti di ambiti lavorativi, dove può svolgere il suo ruolo determinante), spesso osannato da Life-Coach e pseudo psicologi, non tiene conto affatto della realtà fondante che possa permettere realmente, e soprattutto non conflittualmente, il reale volere/potere: l’inconscio. Come la scienza psicologica ci insegna con lo studio delle dinamiche psichiche, ancora prima dell’Io cosciente, ancor prima del Io Voglio, pre-esiste – e permette queste stesse affermazioni – l’inconscio, o in qualunque maniera si voglia chiamare la base su cui si fonda, e su cui sussiste, l’Io. Dunque l’Io, quando afferma di volere, deve fare sempre i conti con questa base da cui è originato, sostentato, alimentato. Voglio e così posso, certo, se l’inconscio e l’interezza della tua psiche – di cui l’Io ne è soltanto una parte – te lo concede fino a laddove è permesso, fino al momento in cui continuare a fare volendo e potendo non diventa così unilaterale da rovinarti la vita, un destino, fino alla sicura insorgenza di disturbi psichici e psicosomatici. C’è un reale Volere, una reale libertà d’azione, che sorge dalla congiunzione del Sé e dell’Io, o dell’inconscio con l’Io. Da questa coniunctio provengono atti, gesti, parole, creazioni, che cambiano una vita, anche nel quotidiano. E il mondo cambia, la nostra vita si rinnova, si trasforma, proprio da qui: dal quotidiano. La volontà non può superare i limiti della sfera psichica; non è in grado di costringere l’istinto, e non ha potere sullo spirito.
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