All’inizio, proprio all’inizio, sì, mi attirava, e mi veniva una grande inquietudine. Continuavo a pensare quale sarebbe stata la mia vita, volevo provare il mio destino, e particolarmente in certi momenti ero inquieto.
Sapete, capitano quei momenti, specialmente quando si è soli.
Là da noi c’era una cascata, abbastanza piccola, che cadeva dall’alto della montagna, come un filo sottile, quasi perpendicolare, candida, rumorosa, spumeggiante; cadeva dall’alto, ma pareva abbastanza in basso, era a una mezza versta e pareva a cinquanta passi. La notte mi piaceva ascoltarne il suono. Ecco, in quei momenti giungevo talvolta a un punto di grande inquietudine.
La stessa cosa mi accadeva a volte a mezzogiorno, quando rimanevo solo in mezzo alle montagne, e tutt’intorno c’erano dei pini, vecchi, alti, resinosi. In alto, su una rocca, c’erano le rovine di un vecchio castello medievale. Il nostro villaggetto era laggiù, lontano, si vedeva a malapena; il sole splendente, il cielo azzurro, un silenzio tremendo.
Ecco, in quei momenti mi pareva di essere chiamato chissà dove, e che, se fossi andato sempre diritto, se avessi camminato a lungo, a lungo, e avessi oltrepassato quella linea laggiù, proprio là dove il cielo e la terra si incontrano, là ci sarebbe stata la chiave dell’enigma, e immediatamente avrei visto una nuova vita, mille volte più intensa e più rumorosa che da noi.
Continuavo a sognare una città grande come Napoli, in cui ci fossero palazzi, rumore, frastuono, vita… Sì, erano tante le cose che sognavo! Ma poi mi parve che si potesse trovare una vita immensa anche in prigione.
Là da noi c’era una cascata
Crediti
Quotes per Fëdor Dostoevskij
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