La differenza di pensiero ignora la forma
La perversione affinché sia tale ha bisogno del movimento, nulla è perverso qualora sia fermo, incluso lo stesso pensiero che non può dirsi o dire tale cosa. Metaforicamente parlando, se il cancro è una forma di perversione per il corpo, questo o meglio, il suo funzionamento atto a mantenerlo, lo è per il cancro, poiché ciò che è ordine e bene per l’uno, sono disordine e male per l’altro. La forma dunque, è alquanto opinabile e sempre dipende da quello che è il punto di vista soggettivo, e il moto tende continuamente verso la sopravvivenza della stessa forma. Ora, visto che muoviamo da una stessa struttura di base, siamo tutti, chi più chi meno, immersi nelle stesse dinamiche, per cui, diventa controproducente non l’analisi delle stesse, ma la definizione che poi, fissa un determinato stato come patologico, il nome che a questo si dà, in quanto, molti ne escono segnati per sempre, e tanti altri sempre vi sfuggono, e sono quelli che si credono normali. Allora, se la bellezza è negli occhi di chi guarda, perché la perversione dovrebbe essere altrove? Se non c’è alcunché di perverso in me come potrei riconoscere qualcosa e definirlo perverso? La perversione, come movimento sentito e riconosciuto o no al proprio interno, si esplica in ogni modo fuori, manifestandosi in forme già sancite e bollate come perverse, come pure in altre, dove però l’anormalità non si rileva poiché sono accettate, e dulcis in fundo, in forma di proiezione e di denuncia, di quello stesso movimento che comunque tutti include. Il perverso, infatti, non esiste a priori, non è una forma che esce da sé bella e fatta per modo di dire o brutta che sia, ma è figlio di uno stesso movimento e sistema, che prima contribuisce producendo e poi fa la cernita, etichettando e distinguendo un figlio dall’altro. La differenza di pensiero, è data dal vedere e valutare la forma o muovere sulle dinamiche e l’osservazione di queste, ignorando la forma. È la forma che conta lo sappiamo bene, tant’è che questa può essere creata per ingannare, e le parole son complici, mentre le dinamiche essendo più sfuggenti, sono difficili da cogliere, e questo si sa, e la forma se ne avvantaggia. In pratica, discutere sulle forme eludendo il movimento, è discutere a vuoto, nel senso che nulla cambia e tutto si ripete e giù a discuterne. Per cui, o ci si porta oltre, oppure si continua come sempre, cambiando solo le etichette, scambiandoci i ruoli, e muovendo comunque su un’energia pervertita al nascere, perché questo è, ma ancora non siamo pronti a riconoscerlo, come senza definizioni non saremmo in grado di riconoscere, chi perverte chi, e dove sia in realtà la perversione.

Crediti
 Anna Maria Tocchetto
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