La questione del rapporto tra conscio ed inconscio, è in Nietzsche assai complessa e non si intende qui renderne ragione, indichiamo unicamente un passo importante di Die fröliche Wissenschaft intitolato Cosa significa conoscere, in cui emerge l’idea nietzscheana, destinata ad influenzare profondamente Freud, di assoluta dipendenza e minorità del pensiero cosciente rispetto all’universo pulsionale e dell’inconscio: «Non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere! Dice Spinoza, con quella semplicità e sublimità che è nel suo carattere Ciò nondimeno: che cos’è in ultima analisi questo intelligere se non la forma in cui appunto ci diventano a un tratto avvertibili questi tre fatti? […]. Noi, che siamo consapevoli soltanto delle ultime scene di conciliazione e della liquidazione finale di questo lungo processo, riteniamo perciò che intelligere sia qualcosa di conciliante, di giusto, di buono, qualcosa di essenzialmente contrapposto agli impulsi: mentre esso è soltanto un certo rapporto degli impulsi tra di loro. Per un lunghissimo tratto di tempo, si è considerato il pensiero consapevole come il pensiero in generale: soltanto oggi, ci balugina la verità che la maggior parte del nostro produrre spirituale si svolga senza che ne siamo coscienti, senza che lo avvertiamo […]. Il pensiero consapevole, e particolarmente quello del filosofo, è il più svigorito e perciò stesso anche il relativamente più temperato e più quieto modo del pensiero […]».
La dipendenza del pensiero cosciente
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