Nei primi anni del regno del grande imperatore Kang-hi, un mandarino della città di Canton udì un gran rumore nella casa vicina; si informò se mai stessero ammazzando qualcuno; gli dissero che l’elemosiniere della compagnia danese, un cappellano e un gesuita stavano disputando; li fece venire, fece servir loro tè e marmellate, e gli domandò perché mai litigassero.
Il gesuita gli rispose che era cosa assai dolorosa per lui, che aveva sempre ragione, dover discutere con gente che aveva sempre torto; che dapprima aveva argomentato con il massimo ritegno, ma che poi gli era scappata la pazienza.
Il mandarino fece sentir loro, con tutta la possibile discrezione, quanto fosse necessaria la cortesia nelle dispute; disse che in Cina non ci si arrabbia mai, e domandò loro di che cosa si trattava.
Il gesuita rispose:
«Monsignore, giudicate voi: questi due signori si rifiutano di sottomettersi alle decisioni del concilio di Trento».
«Mi meraviglio» disse il mandarino. Poi, volgendosi verso i due refrattari: «Mi pare,» disse «o signori, che dovreste rispettare i giudizi di una grande assemblea; non so che cosa sia il concilio di Trento, ma parecchie persone la sanno sempre più lunga di una sola. Nessuno deve credere di saperne più degli altri, e che la ragione non abiti che nella sua testa; così insegna il nostro grande Confucio; se mi volete dar retta, farete molto bene ad ascoltare il concilio di Trento».
Allora il danese prese la parola e disse:
«Monsignore parla con grande saggezza; noi rispettiamo le grandi assemblee, com’è nostro dovere; perciò siamo perfettamente d’accordo con l’opinione di parecchie altre assemblee che hanno preceduto quella di Trento».
«Ah! se è così,» disse il mandarino «domando scusa, potreste magari aver ragione. Vediamo un poco: siete d’accordo con l’olandese contro il povero gesuita?»
«Niente affatto» disse l’olandese; «quest’uomo nutre opinioni quasi altrettanto stravaganti di quelle del gesuita, che qui con voi fa il mansueto; non c’è modo di intendersi.»
«Non vi capisco» disse il mandarino; «ma non siete forse tutti e tre cristiani? non venite tutti e tre a insegnare il cristianesimo nel nostro impero? e non dovete quindi avere gli stessi dogmi?»
«Vedete, Monsignore,» disse il gesuita «questi due sono mortali nemici e disputano tutti e due contro di me; è quindi evidente che hanno torto tutti e due, e che la ragione sta dalla mia.»
«Non è tanto evidente» disse il mandarino; «potrebbe benissimo darsi che abbiate torto tutti e tre; sarei curioso di sentirvi l’uno dopo l’altro.»
Il gesuita allora fece un discorso piuttosto lungo, durante il quale il danese e l’olandese scrollarono le spalle; il mandarino non ci capì niente. Il danese parlò a sua volta; i suoi due avversari lo guardarono con commiserazione, e il mandarino non ci capì niente di più. L’olandese ebbe la stessa sorte. Infine parlarono tutti e tre insieme e si insultarono ben bene. L’onesto mandarino ebbe non poco da fare per metter pace, e disse loro:
«Se volete che la vostra dottrina sia tollerata qui da noi, cominciate col non essere né intolleranti né intollerabili».
Uscendo dall’udienza, il gesuita incontrò un missionario giacobino; gli disse che aveva vinto, e gli assicurò che la verità vince sempre. Il giacobino gli disse:
«Fossi stato presente, non avreste vinto; vi avrei convinto di menzogna e di eresia».
La lite andò scaldandosi, il giacobino e il gesuita si presero per i capelli. Informato dello scandalo, il mandarino li mandò in prigione tutti e due. Un sotto-mandarino disse al giudice:
«Quanto tempo Vostra Eccellenza vuole che restino dentro?»
«Fino a quando si metteranno d’accordo» disse il giudice.
«Ah!» disse il sotto-mandarino «allora staranno in prigione tutta la vita.»
«Be’!» disse il giudice «fino a quando si perdoneranno.»
«Non si perdoneranno mai» disse l’altro; «li conosco.»
«Be’, allora,» disse il mandarino «fino a quando faranno finta di perdonarsi.»
Sulla tolleranza
Traduzione di Pietro Bianconi, prefazione di Sergio Luzzatto
SchieleArt • •
Ancora nessun commento