Come avvenne il suo incontro con Heidegger?
«Nel 1966, un giovane poeta, amico mio e di Agamben, apprese che Heidegger aveva deciso di andare a trovare il grande poeta francese René Char, durante l’estate, in Provenza, con tre suoi discepoli: avrebbe abitato in una pensioncina e condotto dei seminari. Informò Agamben, che partì: a sentire le lezioni erano in cinque. Io mi unii a loro gli ultimi tre giorni, quell’anno e l’anno dopo».
Che cosa ricorda?
«Ero l’unica donna, non ho mai saputo il tedesco ma cercavo di farmi tradurre come potevo. Stavamo nello stesso alberghetto in una situazione molto familiare, tutto il giorno insieme, colazione pranzo e cena. Facevamo grandi passeggiate in montagna e quando si arrivava sulla cima, dove c’era una tavola con delle panche intorno, cominciava il seminario. Non capivo niente e tiravo la giacca di Giorgio per chiedergli che cosa aveva detto».
E che cosa diceva?
«L’ultimo giorno fu il mio piccolo trionfo. Heidegger diceva che era deluso da come erano andate le cose, perché non gli avevano fatto le domande giuste, non questa domanda, non questa, non questa… Chiesi sottovoce a Giorgio come si diceva in tedesco ma. Giorgio mi disse aber. Dunque quando Heidegger finì di fare il suo elenco in negativo, gli dissi: “Aber…”. E lui: “Ecco, la signorina finalmente ha fatto la domanda giusta…”».

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