La civiltà occidentale moderna appare nella storia come una vera e propria anomalia; fra tutte quelle che sono più o meno completamente conosciute, questa civiltà è la sola a essersi sviluppata in un senso puramente materiale, e questo sviluppo mostruoso, il cui inizio coincide con quello che si è convenuto chiamare Rinascimento, è stato accompagnato, come fatalmente doveva, da una regressione intellettuale corrispondente; se non diciamo equivalente, è perché si tratta di due ordini di cose tra i quali non può esistere nessuna misura comune. Questa regressione è giunta a un punto tale che gli Occidentali d’oggi non sanno più che cosa possa essere l’intellettualità pura, o meglio, non sospettano nemmeno che qualcosa di simile possa esistere; è questa la causa del loro disprezzo, non solo per le civiltà orientali, ma per lo stesso Medio Evo europeo, il cui spirito sfugge loro non meno completamente. Come far comprendere l’interesse di una conoscenza tutta speculativa a gente per cui l’intelligenza non è che un mezzo per agire sulla materia e piegarla a scopi pratici, e per cui la scienza, nel ristretto senso in cui la intendono, vale soprattutto nella misura in cui è capace di portare ad applicazioni industriali? […]
Ma la cosa forse più straordinaria è la pretesa di fare di questa civiltà anormale il tipo stesso di tutte le civiltà, di considerarla come «la civiltà» per eccellenza, o addirittura come la sola che meriti questo nome. A questa illusione, e quasi a completamento di essa, si accompagna la credenza nel «progresso», considerato in un modo non meno assoluto, e identificato naturalmente, nella sua essenza, a quello sviluppo materiale che assorbe ogni attività degli Occidentali moderni. È curioso constatare come certe idee, per poco che corrispondano, beninteso, alle tendenze generali di un ambiente e di un’epoca, arrivino a propagarsi e ad imporsi rapidamente; tale è il caso delle idee di «civiltà» e di «progresso» da tanta gente credute ingenuamente universali e necessarie, quando in realtà sono invece di recentissima invenzione, al punto che ancora oggi i tre quarti almeno dell’umanità persistono nell’ignorarle o nel non tenerle nel minimo conto. […]
Ecco come le cose appaiono quando vengano considerate fuori da ogni pregiudizio; è in questo modo che le vedono i rappresentanti più qualificati delle civiltà orientali, e ciò senza nessun partito preso da parte loro, ché il partito preso è sempre cosa sentimentale e non intellettuale, e il loro modo di guardare alle cose è puramente intellettuale. Se gli Occidentali fanno fatica a comprendere questo atteggiamento, il fatto è che essi sono invincibilmente portati a giudicare gli altri secondo il loro metro e ad attribuir loro le proprie preoccupazioni e il proprio modo di pensare, e che il loro orizzonte mentale è così ristretto da non permettergli di rendersi neppur conto che possano esistere mentalità diverse; da ciò ha origine la loro totale incomprensione di tutte le concezioni orientali. Sennonché questa incomprensione non è affatto reciproca: gli Orientali, quando ne hanno l’occasione e vogliono darsene la pena, non provano gran difficoltà a penetrare e a comprendere le conoscenze speciali dell’Occidente, perché sono abituati a speculazioni ben altrimenti vaste e profonde, e chi è capace del più è anche capace del meno; in generale, però, non è che siano molto attratti da questo lavoro, il quale rischia di far loro perdere di vista o almeno trascurare, per ragioni da essi tenute per insignificanti, ciò che per loro è l’essenziale. La scienza occidentale è analisi e dispersione, la conoscenza orientale è sintesi e concentrazione.
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L'esistenza è un peso assurdo quando ci si rende conto che nulla ha senso e le convenzioni sono solo catene vuote
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I latini... dicevano che la mente è data, immessa negli uomini dagli dei. È dunque ragionevole congetturare che gli autori di queste espressioni abbiano pensato che le idee negli animi umani siano create e risvegliate da Dio [...] La mente umana si manifesta pensando, ma è Dio che in me pensa, dunque in Dio conosco la mia propria mente.
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C'era un uomo che, avendo perduto un'ascia, sospettò il figlio del vicino. Lo osservò muovere i passi: aveva rubato l'ascia. Ne osservò l'espressione: aveva rubato l'ascia. Ne scrutò le parole e i discorsi: aveva rubato l'ascia. Nelle sue azioni e nel suo comportamento tutto diceva che aveva rubato l'ascia.
Improvvisamente ritrovò l'ascia scavando nella sua valle. Il giorno dopo osservò di nuovo il figlio del vicino: nelle sue azioni e nel suo comportamento nulla faceva supporre che avesse rubato l'ascia.
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