La fu cristianitàQuando si parla di Nietzsche, una delle prime cose che vengono in mente – perché forse una delle sue frasi più dure, più definitive – è la questione della morte di Dio: Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno. È davvero morto? Cosa davvero voleva dire Nietzsche con questa frase?

Io ricordo una delle prime volte che incontrai la scrittura di Nietzsche, e fu leggendo un libro di un grande pensatore cristiano, molto popolare in Italia dopo la seconda guerra mondiale: Emmanuel Mounier, che già prima della guerra aveva fondato un movimento comunitario e una rivista che si chiama Esprit che esce tuttora in Francia; un’importante rivista culturale di critica politica e sociale e anche di dibattito religioso. Bene, Mounier era l’autore di un libro che io leggevo intensamente, al liceo nei primi anni cinquanta, intitolato: L’avventura cristiana, e questo scrittore, metteva ogni tanto delle frasi in corsivo, dei piccoli brani che separavano una sezione dall’altra, senza alcuna indicazione dell’autore di queste frasi. Tempo dopo scoprì che erano frasi tratte dall’opera di Nietzsche. Ora, che cosa ci faceva Nietzsche nello scritto di un pensatore come Mounier, che in realtà non voleva affatto predicare una civiltà post o anti-cristiana, atea, anzi cercava una riflessione sull’umanesimo cristiano, una via per immaginare una società che non fosse un modello del totalitarismo comunista, né del liberismo borghese moderno. Per capire questo, bisogna ricordare il titolo di un’altra opera di Mounier uscita più o meno negli stessi anni che si chiamava Feu la chrétienté, La fu cristianità, del 1950, ed era come una pietra tombale sulla cristianità. Ebbene, la morte di Dio di cui parla Nietzsche, era per Mounier la fine della cristianità ma non del cristianesimo, cioè la morte della civiltà cristiana, una cultura fondata sull’assunzione del messaggio cristiano come unica guida, un po’ come oggi forse il mondo islamico prende il Corano. Noi però, nel frattempo, abbiamo avuto un periodo di secolarizzazione, dove il cristianesimo come tale non è sparito ma certo si è dissolta quella civiltà tutta impostata intorno alla verità cristiana. Il significato che autori come Nietzsche poteva avere e di fatto aveva per Mounier e non solo per lui, anche per altri pensatori cristiani, è solo in questa differenza terminologica tra cristianesimo e cristianità. Nella teologia cristiana del novecento, anche in quella cattolica, serpeggiava l’idea, che un autore come Nietzsche servisse a purificare, a capire quanto del cristianesimo può e deve essere abbandonato insieme alla cristianità, insieme ad una certa struttura sociale, a un certo modo di concepire il mondo, che è tutto quello che poi, è alle nostre spalle. Ora, è vero che Nietzsche tra l’altro ha sempre messo in guardia i suoi discepoli che non lo prendessero troppo alla lettera, li ha sempre invitati a tradirlo, spostando questa frase dal suo contesto e senso, la applichiamo letteralmente a ciò che si è fatto con i suoi testi, perché quel Dio si sa è duro a morire. Ascoltiamo quest’uomo folle: …Non fiutiamo ancora il pezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi! A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. Vengo troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora sempre più lontana da loro delle più lontane costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!. Dio è morto dunque, per chi ne è all’altezza, non solo a parole, queste servono di più a quanti lo fanno uscire dalla porta e rientrare dalla finestra. Nota della critica
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Crediti
 Gianni Vattimo
 Il caso Nietzsche
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Quotes per Gianni Vattimo

Temo che non siano i libri che ci mancano, ma è comprendere perché il proletariato non torni a far sentire la propria voce in modo forte e a ritrovare quegli spazi che auspicava Marcuse. La risposta che mi sono dato è che al tempo di Marx non c'era la televisione. Oggi, al contrario, è come se ci spruzzassero nell'aria una serie di tranquillizzanti. Come è possibile che gli italiani sopportino il degrado in corso?  L'antiDiplomatico, 26 novembre 2013

Il fatto paradossale è che proprio la passione per la verità, la coscienza, nella sua ricerca del vero, è giunta a mettere in crisi se stessa: ha scoperto di essere solo una passione come le altre.  Le avventure della differenza