Quando la cultura era un'eccezionIn certe ricerche intorno all’influenza dei mezzi di comunicazione sulle opinioni politiche e sul voto degli italiani ho visto che la radio a volte non viene nemmeno indicata. Potrebbe sembrare un segnale catastrofico. A me pare invece la conseguenza di un capovolgimento completo: la radio da strumento totalitario (non solo al servizio delle dittature ma anche come strumento di induzione ai consumi nelle democrazie: totalitario perché unico o quasi) a mezzo talmente democratico da essere, per così dire, inefficace sul piano del condizionamento. Una bella notizia, dunque.
Cos’è successo? Qualcosa che non riguarda solo la radio ma tutta la cultura e il suo pubblico. È come se fino a trenta o quaranta anni fa ci fosse una gola stretta che separava certi contenuti (musica, cultura, informazioni) da chi voleva accedervi. Per esaudire il tuo desiderio dovevi passare di lì. Una gola stretta era, per esempio, la terza pagina dei quotidiani (di un paio di quotidiani, non di più): insieme con qualche pagina dei settimanali e qualche rivista, era l’unico modo attraverso il quale un ragazzo che cresceva senza particolari privilegi familiari poteva accedere alla cultura, essere informato su quali libri uscivano, conoscere novità e tendenze. Allo stesso modo, se non godevi di privilegi economici o familiari e volevi arrivare ad ascoltare musica classica dovevi passare per il Terzo Programma. Ogni tanto Nicola Piovani racconta che da ragazzo appassionato e sicuramente dotato, ma senza musica in casa, non aveva altra possibilità che ascoltare il Terzo Programma e usare il suo registratore Geloso per riascoltare e conoscere la musica.

Crediti
 Marino Sinibaldi
 Un millimetro in là
  Intervista sulla cultura, a cura di Giorgio Zanchini
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