Alla voce «amore» io non risponderò direttamente, sì per mezzo di una singolare avventura capitata a Salonicco, nel 1917, al mio amico Aniceto P., e nella quale io non ebbi parte. Dire che non rispondo direttamente alla voce «amore» per mancanza di esperienza, sarebbe da parte mia una civetteria priva di gusto e di eleganza. E per viltà? Neppure, ma forse per mancanza di soggetto. Chi può vantare una completa esperienza dell’amore? Solo un mostro di molteplicità, un uomo-polipo fornito di tanti tentacoli, quanti sono gl’innumerabili desiderii che danno al nostro vivere un’apparenza di senso, un’illusione di necessità, e che tutti assieme costituiscono il grande inganno della vita. E di quale amore si parla? L’esame generale della quistione ci porterebbe un’altra volta in altomare, e soltanto l’esame particolare di ciascun genere d’amore potrebbe fornirci forse qualche lume: amore dell’uomo a Dio e reciprocamente, amore dei figli per i genitori e reciprocamente, amore fraterno, amore della gloria, della ricchezza, delle arti, amore sessuale, amore platonico, amore per le bestie, per la natura grezza o per quella manufatta, amore per sé stessi, ecc. ecc. Ma anche l’esame ‘ specializzato ‘ di ciascun genere d’amore ci lascerebbe probabilmente con un pugno di mosche. È una ragione ineluttabile quella che vieta tra noi e l’amore ogni possibilità d’incontro; ed è che nel punto stesso in cui l’amore sta per nascere, l’amore muore. (Che brutta unione fanno queste due parole: due caramelle ammollite dal caldo e appiccicate assieme). Muore soltanto l’amore dei sensi, come purtroppo sappiamo? No, ma qualunque amore, anche quello della ricchezza, che muore nell’atto stesso in cui l’uomo acquista la ricchezza. Durano solo gli amori inappagabili, gli amori che non hanno possibilità di arrivare all’amore, ossia al possesso della cosa desiderata. […] Altra cagione che vieta l’attuazione dell’amore, ossia il risultamento in senso amorico del desiderio, è che nel momento in cui entriamo in possesso della cosa amata, l’amore per la cosa amata perde il suo carattere transitivo, si confonde con l’amorproprio e da questo è assorbito. Stupisce la donna che nel momento in cui l’uomo dovrebbe essere più amoroso che mai, ridiventa egoista e incomunicante. Anche negli amori più grandi, negli amori sublimi, nell’amore di Petrarca per Laura, l’amante ama sé stesso, e in questo caso anzi l’intransitività dell’amore è provata dal suo impoetarsi, dal suo cristallizzarsi nello stato intransitivo per eccellenza. L’amore dunque? L’amore propriamente non esiste. È una ipotesi, una grande, una smisurata ipotesi. Per un errore di concetto quanto d’espressione, la cui origine si perde nella notte del linguaggio, si confonde l’amore con la «preparazione dell’amore», ossia col desiderio. Anche qui la filologia ci soccorre. «Amore lat. amorem, da amare affine al gr. MAO desidero (e così pure amare per camare dalla radice sscr-zend KA, KAM, desiderare) indica piuttosto l’effetto della naturale inclinazione e della passione suscitata dalle attrattive della forma esterna, che il resultato della scelta e della riflessione, quello che i Romani espressero colla voce diligere composta da legere che significa scegliere». Ed è bene che sia così. Desiderio è l’illimitato, l’infinito. Amore è la morte. (Nuovo significato da dare al binomio amore-morte). E ora dovrei passare a parlare del desiderio, ossia di ciò che in effetto è l’amore. Ma qui davvero mi manca l’esperienza, o piuttosto mi va mancando. I desideri ci tengono fermi alla vita, come gli ormeggi tengono ferma la nave al porto. Ma a poco a poco i desideri muoiono, gli ormeggi si rompono senza che noi ce ne accorgiamo, e domani la nostra nave salperà tranquilla e libera di desideri. Si avvererà allora la grande ipotesi? Mi rimarrebbe da riferire la singolare avventura capitata a Salonicco, nel 1917, al mio amico Aniceto, la quale risponde direttamente alla voce «amore». In verità quest’avventura è l’incontro fatto dal mio amico Aniceto, in una camera del consolato russo di Salonicco, di Psiche, ancor calda di lacrime e palpitante di dolore perché Eros l’aveva abbandonata. Ma quest’avventura risponde anche troppo direttamente alla voce «amore». E su questa voce è bene calare un velo.
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