La legge Antimagna
Alcuni dei fatti odierni, che pensiamo siano solo il prodotto del capitalismo neoliberista, si sono verificati a metà del secolo XIV a Siena. Gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti intitolati Allegoria ed Effetti del Buon Governo e del Mal Governo (1337-1339) – che coprono sette metri e più del muro, nella Sala dei Nove, del Palazzo Pubblico di Siena – trattano temi di attualità che vale la pena ricordare. Questo spazio pittorico è doppiamente duale: da una parte sono rappresentati i due tipi di governo, quello buono e quello cattivo e dall’altra parte, gli effetti di entrambi, sia in città che in campagna. L’opposizione tra buono e cattivo governo, corrisponde ai due modelli politici concorrenti in quegli anni: quello della città indipendente, repubblicana e pacifica (buon governo) e il modello feudale guerriero e autoritario della Signoria (mal governo).

Capitano del Popolo
Il modello che s’impose dopo la peste nera del 1348 fu quello della Signoria, e quello più simile al nostro. Il buon governo, ci dice Lorenzetti, non è quello che accumula virtù o saggi. Il buon governo è innanzitutto una pratica che produce effetti benefici sulla nostra vita quotidiana. Per raggiungere quest’obiettivo, è necessario organizzare la rotazione delle élite. Roma e Siena l’hanno fatto in modo più audace di come lo facciamo ora. Per garantire il governo alternativo, Siena impose il regime politico dei Nove, in cui nove magistrati, senza lasciare il palazzo, governavano fra tre e sei mesi, dedicandosi pienamente, in questo breve periodo, agli affari della città.
Tra cospirazioni della nobiltà e rivolte del popolo, i Nove commissionarono a Lorenzetti questa serie di affreschi per convincere i loro cittadini, a perseverare nel modello civico contro il modello autoritario. Siena aveva distribuito il potere e governato con equanimità. Si erano stabiliti due contropoteri: il podestà, un magistrato scelto tra l’aristocrazia ma itinerante e forestiero per garantire la neutralità, il cui compito era di risolvere, senza indugi, i conflitti della città, e il governo del popolo, guidato dal Capitano del Popolo. Non dimentichiamo poi, l’importanza che aveva una città indipendente come Siena: oggi il pubblico le riconosce solo il patrimonio culturale e artistico, scordando che era soprattutto, un grande laboratorio di creatività politica e civile.

Tra il 1250 e il 1350, le istituzioni non si sono alternate, si sono sovrapposte. Più di un terzo degli uomini, nel corso di questo secolo, hanno avuto qualche tipo di responsabilità politica; è stato un coinvolgimento sorprendente e insolito. Fu concepita con grande coraggio, nella seconda metà del XIII secolo, la legge Antimagna che permetteva di escludere i più ricchi dalla vita politica e pubblica. Preoccupava meno il livello di fortuna che quello dell’arroganza sociale. Preoccupava che i Magna – chi aveva manie di grandezza – disprezzassero i cittadini. Si stimava che il potere sociale e il disprezzo dei Magna erano una violenza sociale imperdonabile.Poche legislazioni hanno cercato di regolare con più attenzione il buon governo. Questa è la politica – ci dice Lorenzetti nelle sue tele -: l’arte della persuasione e la libera circolazione di tutte le opinioni, anche se la libertà comporta tensioni. Nel 1338, però, dieci anni prima che la Peste Nera dimezzasse Siena, una catastrofe finanziaria aveva innescato la crisi finale: le banche fallirono, il governo decise di salvarle e lo Stato s’indebitò nel farlo. Nel 1355, crollò tutto.


Crediti
 Simonde de Sismondi
 Storia delle Repubbliche Italiane del Medio Evo
  Questi eventi sono stati raccontati da Simonde de Sismondi nella sua Storia delle Repubbliche Italiane del Medio Evo (1807-1818) e lo storico Patrick Boucheron nel suo Saggio sulla forza politica delle immagini (2013).
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