Un nobile chiamato Papantzin, dedito alla coltivazione del maguey, riuscì ad ottenere miele con il succo di questa pianta. Volle ossequiare con questa scoperta il re Tecpancaltzin ed essendosi recato a Tula accompagnato dalla sua sposa e da sua figlia unica chiamata Xóchitl, fu accolto benevolmente. Il re elogiò il nobile e gli offrì come ricompensa la signoria di alcuni villaggi, incaricandolo di inviargli nuovi regali per il tramite di Xóchitl.
Soddisfatto e pieno di vanità, Papantzin tornò alle sue terre, deciso a perfezionare quella nuova industria, senza sospettare che l’entusiasmo del re per la scoperta non era stato sincero; infatti era la bellezza di Xóchitl ad aver causato al monarca una profonda impressione e, nel percepire ciò, la giovane era arrossita, aumentando in tal modo il suo fascino agli occhi del re.
Il monarca lottava dentro di se fra i suoi doveri di sovrano e le inclinazioni di una passione così repentina quanto violenta; una passione che gli fece dimenticare il decoro del trono, la purezza dei costumi, la pace e anche l’esistenza medesima del regno.
Papantzin continuava ad elaborare nuove paste dolci e giunse infine ad inventare il pulque. La bella Xóchitl portò un recipiente pieno di questo liquore bianco a Tula, accompagnata dai suoi domestici e dalla sua nutrice Tepenénetl; la giovane arringò il re, con accento turbato, nel presentargli il regalo ed ella medesima versò il liquore che gustò tutta la corte. Il re elogiò la ricchezza del pulque, l’intelligenza dell’inventore e la bellezza della giovane ambasciatrice. Allontanò la nutrice e i domestici, facendoli portatori di nuovi regali e onori, e questi furono incaricati di dire al padre della giovane ch’ella si era fermata nel palazzo per essere educata da signore illustri, come corrispondeva al suo rango e al suo merito e a compimento della promessa che aveva fatto a Papatzin nel primo incontro.
Chi avrebbe potuto opporsi alla determinazione del re! Sommersi Papatzin e la sua sposa da terribili dubbi e da grandi remore, ricevevano messaggi del re dove venivano avvisati che Xóchitl si manteneva in buona salute e contenta; ogni messaggio era accompagnato da preziosi regali di tela, gioielli e metalli lavorati ad arte.
Chiamata la nutrice accanto alla bella giovane, entrambe furono trasferite in una notte oscura in un palazzo eretto in cima al monte vicino al paesino di Palpan; il re mise delle guardie affinché nessuno, ad eccezione di se medesimo, potesse entrare o uscire o avvicinarvisi. Dopo nove mesi nacque un bambino chiamato Meconetzin, frutto del maguey, fu dato alla luce da Xóchitl.
Papantzin cercava nel frattempo di scoprire la dimora di sua figlia, poiché il re si limitava a comunicargli che era in salute e stava proseguendo la sua educazione; seppe casualmente che sua figlia viveva nel palazzo di Palpan e avvertito che a nessuno era permesso di entrare, si mascherò da contadino, si dipinse e si sfigurò il viso e fingendosi zoppo, fu a offrire fiori al villaggio vicino; fece quindi conoscenza con uno dei giardinieri reali e questo lo fece entrare. Lì vide sua figlia, vicino alla fonte, che teneva un bambino fra le braccia; si avvicinò, si scoprì ed ella riferì dell’oltraggio di cui era stata vittima.
Il padre dissimulò; risolse che si sarebbe presentato di fronte al monarca e gli avrebbe parlato con franchezza. Così fece ed esigette che il re si sposasse con Xóchitl; insultato e svergognato, il monarca negò di sposarsi, ma promise che avrebbe dichiarato Meconetzin erede della corona.
Tecpancaltzin (così si chiamava il monarca) aveva diverse figlie e una di queste si innamorò di un plebeo o macehual, che vendeva peperoni verdi in un mercato vicino al palazzo. Tobueyo era il fortunato ragazzo, su cui aveva fissato la sua passione la principessa, al punto di ammalarsi. Tecpancaltzin ordinò che gli conducessero davanti a lui l’ignaro ladro di quel cuore, e gli chiese:
– Chi sei e da dove vieni?
– Sono un contadino e vengo a vendere peperoni verdi. Che mi castighino gli dei e mi faccia morire sua Altezza. Non sono altro che un infelice che si procaccia da vivere vendendo povera mercanzia.
Quel macehual si sposò con la principessa, con grande disgusto dei nobili, i quali esigettero che fosse messo a capo dell’esercito, sperando in tal modo ch’egli morisse in battaglia; ma egli se ne rese conto e nel primo combattimento si finse abilmente morto.
Meconetzin, il figlio bastardo, fu allora proclamato erede al trono di Tula con il nome di Topiltzin il Giustiziere. Egli agli inizi governò bene, ma poi si diede a una vita dissoluta, presagendo la vicina caduta del Regno di Tula.
La leggenda di Xóchitl
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