Mentre Dritarashtra era stato felice per il ritorno di Vidura, Duryodhana e i suoi amici non lo furono affatto. Sapevano bene che egli aveva il potere di esercitare una forte e costante influenza sull’anziano re, il quale finiva sempre col dare ascolto ai suoi consigli; cosicché avevano paura che anche quella volta sarebbe riuscito a convincerlo a restituire il regno ai Pandava.
Ormai per Duryodhana non si trattava solo del vecchio desiderio di vedere i cugini caduti in disgrazia, ma era sopraggiunto anche un vivo senso di paura: i Pandava avevano pronunciato dei voti terribili, e conoscendo specialmente Bhima e Arjuna, sapeva che non si sarebbero fermati davanti a nulla pur di realizzare ciò che avevano giurato. E i loro alleati, i Panchala, i Vrishni, i Matsya, erano tutti guerrieri tremendi. Per di più il fatto di combattere con la consapevolezza di essere dalla parte della ragione avrebbe contribuito a conferire loro una furia speciale. Per tutti questi motivi, insieme ai suoi amici, il Kurava decise infine che sarebbe stato meglio affrontarli subito, mentre si trovavano ancora privi di alleati e di mezzi.
Senza che il padre ne fosse a conoscenza, Duryodhana fece preparare l’esercito. Ma Vyasa, venuto a sapere delle sue intenzioni, intervenne, e riuscì a bloccare l’efferato progetto.
Qualche giorno dopo arrivò a corte il potente saggio Maitreya, che raccontò di aver incontrato i figli di Pandu nella foresta e di aver parlato con loro.
Duryodhana, disse il saggio, mi appello a te. Ciò che hai fatto è empio: un tale comportamento non è consigliato dalle nostre leggi le quali, come tu sai, possono dare perenne beneficio spirituale. Richiama i Pandava, chiedi scusa e restituisci tutto ciò che era loro.
Tuttavia mentre il saggio parlava, il principe non lo guardava neanche e si colpiva la coscia con violenza. Con tale atteggiamento voleva dimostrare che grazie alla sua forza non aveva rivali da temere. Quella era una vera e propria mancanza di rispetto nei suoi confronti e verso ciò che diceva, per cui Maitreya, irritato, disse:
Il giuramento di Bhima si avvererà: tu morirai con la coscia rotta dalla sua mazza, quella stessa che colpivi con forza mentre parlavo.
Quelle parole terrorizzarono Dritarashtra, che ben conosceva la potenza delle maledizioni dei rishi del calibro di Maitreya.
Grande saggio, supplicò, perdona mio figlio, il quale non conosce il valore del retto comportamento nei confronti dei santi. Ti prego, tu che sei sempre misericordioso verso le anime cadute e confuse, ritira la tua condanna.
Il rishi allora ribatté:
O re, poiché discendi da una stirpe gloriosa come quella dei Bharata, io perdonerò Duryodhana e la mia maledizione non avrà effetto; ma egli deve fare pace con i Pandava.
A quelle parole Duryodhana, per nulla impensierito, fece un ghigno di scherno.
Maitreya allora, senza aggiungere altro, uscì dalla sala reale, gettando tutti nella costernazione. E Vidura, disgustato da quel comportamento degno delle persone più basse e ignoranti, si rivolse ai presenti.
Sembra che il nostro giovane Duryodhana ignori i principi basilari del comportamento di uno kshatriya del suo rango e non tema il peccato. Forse pensa che il valore suo e dei suoi amici gli possa dare la vittoria sul dio della morte. Eppure non solo egli sarà sconfitto nel momento in cui dovrà presentarsi al cospetto di Yamaraja, ma anche in questa vita conoscerà la disfatta più pesante proprio quando si troverà di fronte alle possenti braccia del secondo figlio di Pandu. Nei giorni in cui sono rimasto nella foresta con i Pandava, Kirmira, un rakshasa fratello di Baka e caro amico di Hidimba, è venuto da noi e lo ha sfidato per vendicare le loro morti. Ora vi racconterò come Bhima ha ucciso Kirmira.
La storia che Vidura raccontò ebbe l’effetto di terrorizzare ancora di più il re cieco, che fu preso da violenti tremiti al solo pensiero della furia di Bhima; mai, per tutta la sua vita, avrebbe dimenticato il tono della sua voce. Al contrario Duryodhana ascoltava senza fare una piega.
Mahâbhârata
A partire dal IV secolo a.C. fino al IV secolo d.C.
VANA PARVA
SchieleArt • Den Künstler hemmen ist ein Verbrechen! Es heisst keimendes Leben morden! • 1912
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