… ma Buck non si mosse neppure sotto le bastonate più dure. Egli aveva come i compagni forza sufficiente per alzarsi ma, al contrario degli altri aveva deciso di non farlo, col vago presentimento di stornare dal proprio capo il destino incombente; tale idea gli si era fissata in mente mentre si sforzava di arrivare con la slitta fino alla riva del fiume, e non l’aveva più lasciato. Forse era nata dalla cognizione della sottile crosta di ghiaccio che ricopriva la pista e che per tutto il giorno aveva sentito sotto i piedi. Sembrava presentire una catastrofe, là su quel ghiaccio dove il padrone voleva condurlo; non voleva muoversi, aveva sopportato tante sofferenze ed era giunto al punto che le bastonate gli facevano poco effetto (…) La slitta aveva ormai coperto un quarto di miglio, e il cane e l’uomo la osservavano dalla riva mentre si allontanava sul ghiaccio. Improvvisamente videro la parte posteriore del veicolo sprofondare; il timone con Hall attaccato si levò nell’aria. Giunse alle loro orecchie l’urlo di Mercedes; poi videro Charles voltarsi e fare passo verso la riva, ma una grande lastra di ghiaccio cedette e tutto, uomini e cani, disparvero. Non rimase che una vasta apertura; la crosta gelata si era rotta, inghiottendo tutto. Thornton e Buck si fissarono. Poveri diavoli! – disse l’uomo accarezzandolo sul muso. Buck gli leccò la mano.
La mano di Buck
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