Fa un effetto molto curioso veder certi oggetti, di solito immoti e morti, che d’un tratto cominciano a sfarfallare. Non vi sembra? Ho visto una volta, in una piazza deserta, dei gran pezzi di carta straccia che, per quanto io non avvertissi il minimo soffio di vento, protetto com’ero da una casa, roteavano intorno pazzi di rabbia e s’inseguivano come se si fossero giurati una guerra a morte. Un istante dopo pareva che si fossero calmati, ma ad un tratto venivano ripresi da folle accanimento e turbinavano intorno con un insensato furore. Poi s’ammucchiarono in un angolo, ma per risparpagliarsi subito dopo, come ossessionati, e dileguarsi infine allo svolto di una cantonata. Solo un grosso giornale non poté seguirli e restò sul lastrico ad aprirsi e a richiudersi pieno d’odio come se gli fosse mancato il respiro e volesse riprender fiato. Fu allora che sorse in me un oscuro sospetto: e se alla fine noi, esseri viventi, altro non fossimo che qualcosa di simile a codesti pezzi di carta straccia? E se un incomprensibile vento menasse anche noi di qua e di là determinando le nostre azioni, mentre noi ingenuamente crediamo d’agire per libera volontà nostra? E se la vita non fosse in noi altro che un enigmatico vento turbinoso? Quel vento di cui la Bibbia dice: non sai onde egli viene, né ove egli va? Non sognammo forse talvolta d’andar scandagliando acque profonde e di prender dei pesci d’argento, mentre altro non è avvenuto se non che un soffio d’aria fredda ci sfiorò le mani?
La metafora del giornale e il sospetto sulla libertà
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