La morte di Jayadratha
Vedere morto Bhurishrava finì di scoraggiare tanti soldati e ancora una volta il panico si diffuse tra le truppe Kurava; altri, al contrario, indignati e assetati di vendetta, sentirono gli animi infuocarsi. Karna, accompagnato dalle sue truppe, arrivò come una furia e gridando minacce all’indirizzo di Satyaki si lanciò all’attacco. La battaglia si riaccese.

Da parte sua, Krishna non era affatto contento di quella recrudescenza del combattimento.

Arjuna, il sole è vicino all’orizzonte, disse, e questo pomeriggio non hai tempo di affrontare il figlio del suta. Inoltre non dimenticare che egli ha ancora con sé la shakti di Indra. Quell’arma è incontrastabile e non ti conviene affrontarlo finché ne sarà in possesso. Andiamo via di qua, e concentriamo i nostri sforzi su Jayadratha.

Lasciando a Satyaki, oramai rinfrancato, il compito di affrontare Karna, i due uscirono dal teatro degli scontri. Rendendosi conto che Arjuna si stava avvicinando troppo al suo obiettivo e vedendo anche che i raggi del sole stavano perdendo la loro intensità, per cui la giornata sarebbe finita presto, i soldati Kurava si misero a mo’ di scudo davanti a Jayadratha e combatterono con grande impegno, anche a costo della loro stessa vita. Era la loro unica speranza di vincere la guerra.

Oramai il sole era a pochi centimetri dall’orizzonte, in pochi minuti sarebbe tramontato.

E mentre il carro sfrecciava in direzione di Jayadratha, Krishna rifletté: in quel modo non ce l’avrebbero mai fatta, dovevano tentare di distrarre i soldati e attaccare il nemico a distanza, in modo da evitare anche un duello contro di lui. Così risolse di chiamare la sua arma personale, il sudarshana, e gli ordinò di oscurare il cielo. Quando il disco divino si pose fra i soldati che popolavano la piana di Kurukshetra e l’astro solare, tutti credettero che il giorno fosse finito.

I Kurava esultanti di gioia, gridarono e batterono sui tamburi, provocando un frastuono assordante, mentre gli alleati Pandava gettavano in terra le armi per la disperazione: ora, in obbedienza al suo voto, Arjuna avrebbe dovuto togliersi la vita.

Krishna in quel momento sorrise e richiamò il sudarshana: come per miracolo la luce tornò a rischiarare la vasta pianura. Tutti rimasero interdetti, sorpresi, non sapevano cosa fare. E in quell’istante Arjuna invocò la pashupata e scagliò una freccia in direzione di Jayadratha: staccata di netto, la testa del monarca saltò in aria.

Ora, per poter proseguire nel racconto, è necessario che ci riportiamo un attimo indietro nel tempo, al giorno della nascita di Jayadratha. In quella ricorrenza una voce eterea era rimbombata nella sala:

Chiunque farà cadere la testa di questo bambino a terra, morirà con la testa spezzata in cento punti.

Così Jayadratha era cresciuto con la consapevolezza di quella maledizione che gravava sopra i suoi nemici. Ben presto era diventato un guerriero valoroso. Ed era ancora nel pieno della sua giovinezza quando il padre aveva deciso di lasciargli il trono per ritirarsi a vita meditativa in un eremo proprio vicino Kurukshetra. Si sentiva sicuro dal fatto che il figlio era praticamente invincibile e che comunque chi l’avesse ucciso sarebbe morto immediatamente.

Era naturale che Krishna non ignorava affatto quel risvolto della vita di Jayadratha e si era premurato di raccontarlo ad Arjuna, raccomandandogli di fare in modo che quella testa non toccasse il terreno a causa sua. Il Pandava, dunque, con un continuo rivolo di frecce, la mantenne in aria e la spinse fino all’eremo del padre di Jayadratha, facendola arrivare sul suo grembo.

Quando l’asceta si svegliò dalla meditazione, alla vista della testa del figlio sulle sue ginocchia, gridando dal dolore e dal raccapriccio, la fece rotolare in terra. Colpito dalla maledizione celeste, fu egli stesso a morire, con la testa fratturata in cento pezzi. Ancora una volta, grazie all’intervento di Krishna, Arjuna si era salvato dalla morte.

Davanti agli attoniti Kurava, il sole brillò per pochi istanti ancora, poi tramontò; e a Kurukshetra, quel tremendo teatro di morte, scesero le tenebre.

Tutti tornarono nei rispettivi accampamenti.

Crediti
 Vyasa
 Mahâbhârata
  A partire dal IV secolo a.C. fino al IV secolo d.C.
  DRONA PARVA
 SchieleArt •   • 




Quotes per Vyāsa

Giudizio di un pensiero pacificato  Dalla collera viene lo smarrimento completo. Dallo smarrimento, lo sconvolgimento della memoria; dal disordine della memoria, la rovina del giudizio e della decisione; dalla rovina del giudizio, la perdita dell'uomo. Ma chi [si muove] fra gli oggetti sensibili con le funzioni sensoriali sottratte all'amore come all'odio e [tenute] sotto il suo dominio, questi, anima disciplinata, accede alla serenità suprema. Nella serenità tutti i dolori si annientano, perché il giudizio di un pensiero pacificato trova subito stabilità.  Bhagavadgītā