Chi è saggio, cara Clea, deve chiedere ogni bene agli dèi. Ma la cosa che più di ogni altra li preghiamo di concederci è di poter partecipare della conoscenza del divino stesso, per quanto sia possibile alla natura umana: per l’uomo, non c’è possesso più grande della vita né il dio potrebbe fare dono più sacro. E infatti tutte le altre cose di cui gli uomini hanno bisogno, il dio le dà, semplicemente; ma il pensiero e la facoltà razionale li concede solo in parte, perché sono suo esclusivo possesso e pertinenza: non per argento e oro la divinità è beata, e non per tuoni e fulmini è potente, ma per sapienza e ragione. Fra tutte le sentenze sugli dèi che Omero proclamò nei suoi versi, questa è la più bella: Comune ebbero entrambi e stirpe e patria, ma Zeus per primo nacque e di più seppe. Essa rivela che la supremazia di Zeus è più santa proprio in quanto è più antica per conoscenza e
sapienza. Così, secondo me, ancora nel fatto che la conoscenza divina possiede per sempre la realtà degli avvenimenti, consiste l’eccellenza di quella vita eterna che al dio appartiene: se la conoscenza e il pensiero della realtà venissero meno, l’immortalità non sarebbe più vita, ma tempo.
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