L'importanza della sensibilità nella felicitàMa se l’individualità è di qualità cattiva, tutte le gioie saranno come un vino squisito in una bocca impregnata di fiele. Così dunque, nella buona come nella cattiva fortuna, e salvo il caso di qualche grande disgrazia, ciò che tocca ad un uomo nella sua vita è d’importanza più piccola che la maniera con cui egli lo sente, vale a dire la natura ed il grado della sua sensibilità sotto tutti i rapporti. Ciò che abbiamo in noi stessi e da noi stessi, in una parola la personalità ed il suo valore, ecco il solo fattore immediato della nostra felicità e del nostro benessere. Tutti gli altri agiscono indirettamente; la loro azione quindi può essere annullata, ma quella della personalità mai.

Di qui viene che l’invidia più irreconciliabile e nello stesso tempo nascosta colla massima cura è quella che ha per oggetto i vantaggi personali. Inoltre la qualità della coscienza è la sola cosa permanente e persistente; l’individualità agisce costantemente, continuamente, e più o meno, in ogni momento; tutte le altre condizioni non hanno che un’influenza temporanea, passeggera, d’occasione, e possono anche cangiare o sparire.
Aristotele dice: La natura è eterna, non le cose Mor. a Eudemo, VII, 2. È per questo che noi sopportiamo con più rassegnazione la sventura la cui causa è tutta esterna, piuttosto che quella che ci colpisce per nostra colpa; perché la sorte può cangiare, ma la nostra propria qualità è immutabile. Quindi i beni soggettivi, quali un carattere nobile, una testa possente, un umore gaio, un corpo bene organizzato ed in perfetta salute, o, in generale, mens sana in corpore sano Giovenale sat. X, 355, sono beni supremi, ed importantissimi alla nostra felicità; perciò dovremmo attendere molto più al loro sviluppo ed alla loro conservazione che non al possesso dei beni esterni e dell’onore esterno.

Ma ciò che sopra tutto contribuisce più direttamente alla nostra felicità è un umore allegro, perocché questa buona qualità trova subito la ricompensa in sè stessa. Infatti chi è gaio ha sempre motivo d’esserlo per la stessa ragione ch’egli lo è. Niente può sostituire così completamente tutti gli altri beni come questa qualità, mentre essa stessa non può esser surrogata da cosa alcuna. Che un uomo sia giovane, bello, ricco e stimato, per poter giudicare sulla sua felicità sarà questione di sapere se, oltre a ciò, egli sia gaio; in cambio s’egli è gaio, poco importa che sia giovane o vecchio, ben fatto o gobbo, povero o ricco; egli è felice. Nella mia prima giovinezza ho letto un giorno in un vecchio libro la frase; Chi ride molto è felice, chi piange molto è infelice; l’osservazione è molto sciocca, ma a causa della sua verità così semplice non ho potuto dimenticarla, quantunque essa sia il superlativo d’un truism in inglese verità triviale. Così dobbiamo, ogni volta che si presenta, aprire alla gaiezza porte e finestre, giacché essa non giunge mai di contrattempo, e non esitare a riceverla, come facciamo di sovente, volendo prima renderci conto se abbiamo bene in ogni riguardo motivo d’esser contenti, od anche per paura che essa non ci distragga da serie meditazioni o da gravi cure quando è molto incerto che queste possano migliorare la nostra condizione, mentre la gaiezza, è un beneficio immediato. Essa sola è, per così dire, il danaro contante della felicità; tutto il resto non ne è che il biglietto di banca; perocché essa sola può darci la felicità in un presente immediato; così è la gaiezza il supremo bene per esseri la cui realtà ha la forma di un’attualità indivisibile tra due tempi infiniti. Noi dovremmo dunque aspirare anzitutto ad acquistare ed a conservare questo bene. È certo d’altronde che niente contribuisce alla gaiezza meno della ricchezza, e che niente vi contribuisce meglio della salute: si è nelle classi inferiori, fra i lavoranti e particolarmente fra i contadini che troviamo i visi allegri e contenti; nei ricchi e nei grandi dominano le sembianze melanconiche. Dovremmo perciò applicarci soprattutto a conservare questo stato perfetto di salute di cui la gaiezza appare come fioritura. Per ottener questo si sa che bisogna fuggire ogni eccesso ed ogni disordine, evitare ogni emozione violenta e penosa, come pure ogni applicazione dello spirito soverchia o troppo prolungata; bisogna ancora prendere ogni giorno due ore d’esercizio rapido all’aria libera, bagni frequenti d’acqua fredda, ed altre misure dietetiche dello stesso genere. Non v’è salute se non ci si dà ogni giorno abbastanza movimento; tutte le funzioni della vita per compiersi regolarmente esigono il movimento degli organi per cui si compiono, e dell’insieme del corpo.

Aristotele ha detto con ragione: la vita è nel movimento. Infatti la vita consiste essenzialmente nel movimento. All’interno d’ogni organismo regna un movimento incessante e rapido: il cuore nel suo doppio movimento di sistole e diastole, batte impetuoso ed instancabile; 28 pulsazioni gli bastano per mandare la massa intiera del sangue nel torrente della grande e della piccola circolazione; il polmone aspira senza mai smettere come una macchina a vapore; gl’intestini si contraggono senza posa d’un movimento peristaltico; tutte le glandule assorbono e danno secrezioni incessantemente; il cervello stesso ha un doppio movimento per ogni battito del cuore e per ogni aspirazione del polmone. Se, come succede nel genere di vita interamente sedentario di tante persone, il movimento esterno manca quasi totalmente, ne risulta una sproporzione innaturale e dannosa tra il riposo esterno ed il tumulto interno. Perché questo perpetuo moto all’interno richiede anche d’esser aiutato qualche poco dal moto all’esterno; tale stato sproporzionato è analogo a quello che nascerebbe quando fossimo tenuti a non lasciar scorgere al di fuori segno visibile di un’emozione che ci fa bollire il sangue internamente. Gli alberi stessi, per prosperare, hanno bisogno d’esser agitati dal vento. È questa una regola assoluta che si può esprimere nel modo più conciso in latino: Omnis motus, quo celerior, eo magis motus quanto più celere, tanto più ogni movimento è movimento.


Crediti
 Arthur Schopenhauer
 Aforismi sulla saggezza nella vita
  Traduzione Oscar D. Chilesotti
  La salute dello spirito e del corpo
 SchieleArt •   • 




Quotes per Arthur Schopenhauer

Il caso è una potenza malvagia alla quale bisogna affidarsi il meno possibile. Eppure chi è fra tutti i donatori l'unico che, mentre dà, ci dimostra anche chiaramente che non abbiamo alcun diritto ai suoi doni, e che per essi dobbiamo ringraziare non i nostri meriti, ma unicamente la sua bontà e la sua grazia, e che proprio da queste possiamo attingere la lieta speranza di poter ricevere anche in futuro, con umiltà, qualche altro immeritato dono?  Consigli sulla felicità

Ciascuno crede allora di avere tutto il diritto di pretendere felicità e piacere; e se poi questi ultimi, come accade di solito, non gli toccano in sorte, ecco che crede che gli sia stato fatto un torto; anzi, crede di avere mancato senz'altro lo scopo della propria esistenza, mentre è molto più giusto (come fanno appunto brahmanesimo e buddismo, e anche il cristianesimo autentico) considerare come scopo della nostra vita il lavoro, la privazione, l'indigenza e la sofferenza, e la morte come il loro coronamento, poiché sono queste le cose che conducono alla negazione della volontà di vivere.  Il Mondo come Volontà e Rappresentazione

Perché sono così taciturno? Più parlano quelli che mi circondano, meno mi viene voglia di dire qualcosa. Pochissimi sono in grado di pensare, ma tutti vogliono avere delle opinioni. Non esiste alcuna opinione, per quanto assurda, che gli uomini non facciano facilmente propria non appena li si abbia persuasi che essa è accettata universalmente.  L'arte di ottenere ragione

Coltivare la nostra saggezza, basata su ciò che sappiamo e non su ciò che crediamo. La saggezza è la conoscenza approfondita della realtà, di noi stessi, degli altri. È la capacità di discernere il vero dal falso, il bene dal male, l'essenziale dal superfluo. È la virtù che ci guida verso la verità, la giustizia, la bontà. È la luce che ci illumina il cammino, che ci mostra la via, che ci fa vedere il senso.  L'arte di ignorare il giudizio degli altri

Nessuno può vedere al di là di sé. Con ciò voglio dire che ciascuno vede nell'altro solo quel tanto che è anche lui stesso, perché può percepirlo e comprenderlo solo nella misura consentita dalla propria intelligenza. Se questa è di infima qualità, tutte le qualità spirituali dell'altro, anche le più eccelse, non faranno effetto su di lui, ed egli non percepirà altro se non gli aspetti più meschini della personalità dell'altro, dunque solo le sue debolezze ed i suoi difetti. Infatti ogni stima è il prodotto del valore dell'oggetto stimato per la capacità conoscitiva dell'estimatore.


Riferimenti