Una dinamica molto frequente si verifica in chi ha già raggiunto un equilibrio attraverso il lavoro su di sé, e riguarda l’incontro con gli altri: talvolta, dopo un momento iniziale di scambio e condivisione, questi ultimi si ritirano improvvisamente, sparendo, oppure si comportano inspiegabilmente male. Ciò avviene principalmente in ambito sentimentale. E anche a chi ha già raggiunto un suo equilibrio può accadere di sentire il bisogno di ritirarsi senza ragione né spiegazioni.
Infatti, quando i nodi più corposi vengono sciolti e si dà origine a una nuova ampiezza, a un conquistato benessere, insorge un effetto collaterale: l’uscita non solo dai vecchi schemi, ma anche dal sistema di relazioni che rappresentavano lo stato precedente di sofferenza, limitazione e sacrificio.
Prima di poter approdare a un nuovo sistema di relazioni è indispensabile un tempo di transizione. Nel corso di questo periodo, della durata assai variabile, si fa esperienza di alcune relazioni di tipo diverso, nelle quali via via si espande la portata dello scambio e si vive tutto con maggiore intensità, in ogni suo aspetto.
Che si tratti di amicizie, di rapporti di coppia o persino di lavoro, questi nuovi “specchi” arrivano e suscitano dapprima stupore e gioia. Poi, qualcosa va storto. Per di più, di frequente non sono che un ultimo riflesso delle relazioni superate, una prova del nove, un traguardo da lasciarsi alle spalle, prima del salto vero e proprio.
Il nucleo di questo passaggio è nel confronto tra chi ha scelto, confermato e difeso la propria felicità e il proprio benessere, e chi non ha ancora definitivamente mosso questo passo.
In altre parole, chi finalmente ha tirato un sospiro di sollievo e si è lasciato alle spalle le vecchie immagini, il suo piccolo mondo chiuso, vorrebbe immediatamente condividere con qualcun altro i tesori che ha conquistato, per condurre su un piano più alto ogni scambio. Nella fretta, però, non è difficile che incontri qualcuno che, pur essendo sulla strada giusta, non ha ancora imboccato l’uscita.
La sensazione immediata, l’esperienza più frequente, è che la persona incontrata non riesca a reggere né la quantità di energia di cui l’altro ha iniziato a disporre, né le esperienze leggere e felici che si vivono quando si è liberi dal peso di altri e dai detriti psichici e animici che ciascuno porta come un fardello.
È come se molte persone, inconsciamente, avessero una soglia massima di felicità oltre la quale non possono spingersi, né essere condotte.
Questa soglia si attiva quando le esperienze e i sentimenti offerti da un altro sono troppo positivi e gioiosi: innescano un boicottaggio che va dagli improvvisi e repentini cambi di umore, alle scuse più disparate, fino all’interazione con la materia e alla creazione di contrattempi o guasti su dispositivi meccanici o elettronici (auto che si guastano, telefoni che vanno in tilt, persino problemi con biglietterie elettroniche e passaggi a livello).
La soglia massima di felicità è un vero e proprio confine della coscienza personale. L’energia che la attiva è nutrita principalmente dal senso di colpa: quello per cui la felicità implica il tradimento di qualcuno di molto importante nel proprio sistema.
Si può espandere nel tempo e la si può oltrepassare, ma solo e sempre per una determinazione personale: da questo punto di vista, l’amore, anche disinteressato o terapeutico, non può molto.
Con rammarico e tristezza, in molti casi è preferibile non forzare e battere in ritirata. Ciascuno ha diritto al suo percorso e alle sue attese; ci sono grandi amori capaci di trascinare e amori più pazienti, dispiegati nel tempo, in grado di rispettare le resistenze di ognuno, d’illuminare l’anima della persona amata non con il desiderio di salvare o cambiare, ma con l’esempio di chi ha già toccato una vetta di libertà.
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