La solitudine essenziale
Scrivere è entrare nell’affermazione della solitudine, dove incombe la fascinazione. È consegnarsi al rischio dell’assenza di tempo, dove regna l’eterno ricominciamento. È passare dall’Io all’Egli, di modo che ciò che mi avviene non avviene a nessuno, è anonimo per il fatto che mi concerne, si ripete in uno sparpagliamento infinito. Scrivere, è disporre il linguaggio sotto la fascinazione e, per mezzo di esso, restare in contatto con l’area assoluta, là dove la cosa diventa immagine, dove l’immagine, da allusione a una figura, diventa allusione a ciò che è senza figura, e, da forma disegnata sull’assenza, diventa l’informe presenza di quest’assenza, l’apertura opaca e vuota su ciò che è quando non c’è più mondo, quando non c’è ancora mondo.

Crediti
 Maurice Blanchot
 Lo spazio letterario
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Quotes per Maurice Blanchot

Mai la filosofia era parsa tanto fragile, più preziosa e più appassionante come nel momento in cui uno sbadiglio faceva svanire nella bocca di Bergson l'esistenza di Dio.

Perché il mistero sta anche in questa duplice lettura simultanea di un evento che tuttavia non si colloca né nell'una né nell'altra delle due versioni.

Ci interroghiamo sul nostro tempo. Questa interrogazione non si esercita in momenti privilegiati, ma procede senza soste, fa essa stessa parte del tempo, lo incalza nel modo assillante che è proprio del tempo. In un certo senso non è una interrogazione ma una specie di fuga. Sul rumore di fondo costituito dal sapere del corso del mondo, con cui esso precede, accompagna e segue in noi ogni sapere, durante la veglia e il sonno, proiettiamo delle frasi che si scandiscono in domande. Un ronzio di domande. Quanto valgono? Che dicono? Anche queste sono domande.

Con il suicidio, io voglio uccidermi in un momento determinato, lego la morte a ora: sì, adesso, ora. Ma nulla fa trasparire meglio la follia di questo io voglio, la morte infatti non è mai presente… Perciò il suicidio non è ciò che accoglie la morte, è piuttosto ciò che vorrebbe sopprimerla come futura, toglierle quella parte di futuro che si presenta come la sua essenza… Non si può progettare di uccidersi; ci si prepara, si agisce in funzione del gesto ultimo che appartiene alla categoria normale delle cose da fare; ma esso non è in funzione della morte, non la riguarda, non la pone presente…

A Osea, l'Eterno dice: Sposa una donna prostituta che ti partorisca figliuoli di prostituzione, perché tutto il paese si prostituisce, e non è un'immagine. Il matrimonio stesso è profetico. La parola profetica è pesante. La sua pesantezza è il segno della sua autenticità. Non si tratta di far parlare il proprio cuore, né di dire quel che piace alla libertà dell'immaginazione. I falsi profeti piacciono, sono graditi: giullari (artisti) più che profeti. Ma la parola profetica s'impone dall'esterno, è il Fuori, il peso e la sofferenza del Fuori.