La tentazione di ZarathustraSe si è parlato di uomini superiori come figure simboliche, ma va sottolineato come queste non rappresentino (o rappresentino solo in parte e in casi specifici), strutture esistenziali o modelli nel senso di forme ideali di umanità: il carattere dissimmetrico di tali strane entità, personificazioni forse più allegoriche che simboliche, si concretizza in un grido d’aiuto che Zarathustra ascrive di volta in volta ad un personaggio specifico, che invita nella propria caverna per poi scoprire la natura corale del grido dell’uomo superiore, di cui i singoli uomini superiori sono solo aspetti ed angolature particolari. Zarathustra contiene dunque in sé questi personaggi, che altro non sarebbero se non il pretesto letterario per un colloquio interiore tra le varie parti di sé, tra i propri demoni interni. La tentazione di Zarathustra consiste dunque nell’indugiare in una parte della sua anima plurivoca, nell’assecondare un grido d’aiuto dietro cui ancora si celano «ombre di Dio». Nella compassione nei confronti del portato malinconico dell’uomo superiore stesso va dunque va riconosciuta la tentazione fatale, ovvero l’«ultimo peccato», in cui Zarathustra non deve incombere: non a caso figure centrali del quarto libro saranno quella dell’indovino e quella del mago, che appunto cercheranno di farsi compatire.

Crediti
 Gilles Deleuze
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