Il debito pubblico, ossia l’alienazione dello Stato – dispotico, costituzionale o repubblicano che sia – imprime il suo marchio all’era capitalistica. L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che passi effettivamente in possesso collettivo dei popoli moderni è… il loro debito pubblico. (…) [Il debito pubblico] ha fatto nascere il giuoco di borsa e la bancocrazia moderna. Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. [Il debito pubblico mette in grado i governi di] affrontare spese straordinarie senza che il contribuente ne risenta immediatamente, ma richiedono tuttavia un aumento delle imposte in seguito. D’altra parte, l’aumento delle imposte causato dall’accumularsi di debiti contratti l’un dopo l’altro costringe il governo a contrarre sempre nuovi prestiti quando si presentano nuove spese straordinarie. Il fiscalismo moderno, il cui perno è costituito dalle imposte sui mezzi di sussistenza di prima necessità (quindi dal rincaro di questi), porta perciò in se stesso il germe della progressione automatica. Dunque, il sovraccarico d’imposte non è un incidente, ma anzi è il principio.
L’alienazione dello Stato
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