Ho notato spesso che molti ammiratori di Kafka, i quali lo conoscono soltanto dai libri, si fanno di lui un’idea errata. Credono che anche nei contatti umani debba essere stato triste o addirittura disperato. È vero il contrario. Vicino a lui si provava un senso di benessere. L’abbondanza di pensieri che egli esponeva di solito con serenità, lo rendeva, per indicare soltanto il gradino più umile, uno degli uomini più divertenti che io abbia conosciuto, nonostante la sua modestia e la sua calma. Parlava poco, in presenza di molta gente taceva spesso per ore intere. Ma quando diceva qualcosa attirava subito l’attenzione. Erano parole ricche di significato e colpivano nel segno. Nelle conversazioni confidenziali la lingua gli si scioglieva talvolta in maniera stupefacente, era capace di entusiasmarsi e di lasciarsi andare, e allora non la smetteva di scherzare e di ridere. Anzi, rideva volentieri e cordialmente e sapeva far ridere gli amici. Dirò di più: in situazioni difficili si poteva affidarsi con sollievo e senza scrupoli alla sua saggezza, al suo tatto, ai suoi consigli, che raramente erano sbagliati. Era un amico meravigliosamente pronto ad aiutare. Soltanto per sé era impacciato e irresoluto.
L’amicizia di Kafka
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