Tutto nel suo mondo vive esattamente al confine con il proprio contrario. L’amore vive al confine con l’odio, lo conosce e lo comprende, e l’odio vive al confine con l’amore e anch’esso lo comprende (l’amore-odio di Versilov, l’amore di Katerina Ivanovna per Dmitrij Karamazov; in una certa misura tale è anche l’amore di Ivan per Katerina Ivanovna e l’amore di Dmitrij per Grušen’ka). La fede vive al confine con l’ateismo, si vede in esso e lo comprende, e l’ateismo vive al confine con la fede e la comprende. E questo è forse il tema fondamentale degli ultimi tre romanzi di Dostoevskij. L’elevatezza e la nobiltà d’animo vivono al confine con l’abiezione e la viltà (Dmitrij Karamazov). L’amore per la vita coesiste accanto alla sete di autodistruzione (Kirillov). La purezza e la castità comprendono il vizio e la sensualità (Alëša Karamazov).
Noi, naturalmente, semplifichiamo e volgarizziamo alquanto l’assai complessa e sottile ambivalenza degli ultimi romanzi di Dostoevskij. Ma nel mondo di Dostoevskij tutti e tutto debbono conoscersi l’un l’altro e sapere l’uno dell’altro, debbono incontrarsi, debbono entrare in contatto, incontrarsi faccia a faccia e parlare l’uno con l’altro. Tutti debbono riflettersi e illuminarsi reciprocamente attraverso il dialogo. Perciò tutto ciò che è separato e lontano deve essere condotto in un solo “punto” spaziale e temporale.
Dostoevskij. Poetica e stilistica
SchieleArt • Ritratto di una ragazza seduta • 1910
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