Le nubi si addensano sulla grigia distesa dall’acqua. Fra i flutti e le nubi, simile al baleno, aleggia il fiero Annunciatore della Tempesta. Vola e con un’ala sfiora le onde, mentre con l’altra squarcia le nubi. Grida, e le nubi ascoltano giubilanti le grida dell’Annunciatore della Tempesta, perché in quel grido vi è collera e passione, e v’è la fede nella vittoria.
Gemono intanto i gabbiani, si dibattono sul mare e stan pronti a nascondere il loro spavento nella profondità delle onde. Il mergo, che non conosce le aspre gioie della lotta e che il tuono appaura, geme e si lagna esso pure! E gli stupidi germani, vere oche del mare, acquattano dietro le rocce le loro carni adipose.
Solo l’Annunciatore della Tempesta si libra, ora, coraggioso e libero, sul mare in sussulto. Le nubi, sempre più fitte e più nere, covrono addirittura le acque. I flutti cantano e danzano e si elevano verso la folgore, che scoppia, finalmente! I flutti si convellono, stridono per la collera e lottano con la tempesta. E l’uragano avviluppa i flutti nelle sue spire; in uno slancio selvaggio, li scaglia sulle rocce, che covronsi per lungo tratto di polviscolo, di gocce di smeraldo, di acqua.
L’Annunciatore della Tempesta ruba, con l’ala, la schiuma ai flutti, e ride, e singhiozza: ride per la tempesta e ha singulti di gioia. Ha indovinato che la collera del tuono si stancherebbe, ha compreso che le tenebre non nasconderebbero più a lungo il Sole! Ma la tempesta aumenta, il fulmine scoppia. Sull’abisso dell’Oceano strappi di nubi si accendono e guizzano con fiamma azzurrognola. L’Oceano ghermisce il baleno e lo estingue nei suoi gorghi profondi, mentre le sue lingue di fuoco strisciano sui flutti, come tanti serpenti, prima di sparire. «La Tempesta! La Tempesta!» grida il suo Annunciatore, dominando l’Oceano in furore e, Annunciatore della Vittoria, grida ancora: «Più forte, più intensa prorompa la Tempesta!».
L’Annunciatore della Tempesta
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