L'archeologia fantastica di Joseph Cornell
Joseph Cornell, grande artista. Il gusto raffinato dell’archeologia fantastica, del reliquiario metafisico. Ogni oggetto è incastonato in altri oggetti: avvolto nel reticolo esiguo e impalpabile di un orafo dell’immaginario, trasferito dallo scrigno della memoria a quello di una visione così preclusa e sottile da sembrare ironicamente esoterica. Ecco così le palline, le pipe di gesso dalla lunga imboccatura esile, le cassettine minuscole, i collages dipinti con velature artificiali, rifrazioni di specchi, vibrazioni azzurrine. Come in un’icona sono conservate più che le immagini consunte dell’arte, i loro pallidi riflessi, le loro fantasmagorie imprigionate in una goccia d’ambra, in un cubetto di porfido, nella preziosa enigmaticità di un idolo. L’invenzione delle associazioni e del montaggio obbedisce al rigore di una geometria metafisica. In un’età in cui l’arte è morta, essa viene sfidata a nascere nel modo in cui sono contemplati i suoi frammenti, le sue scaglie iridescenti, nel modo in cui sono filtrate e decantate le sue nascoste tavole pitagoriche. Cornell raccoglie, da grande, insuperato maestro, la cenere dell’aura.

Crediti
 Ferruccio Masini
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Quotes per Ferruccio Masini

Una poesia, questa di Nelly Sachs, che non ci riporta soltanto il dono della parola dopo l'orrore di Auschwitz, ma che cerca nella parola il segreto di una giustificazione religiosa del male, di una teodicea che ci concili in qualche modo con il mysterium iniquitatis. Un messaggio trepidamente raccolto e consegnato a noi – oltre la spaventosa eclisse di un mondo umano – quasi per comunicarci la quintessenza di una gnosi salvifica, di una illuminazione segreta quale è quella di chi custodisce nella poesia l'arte dolorosa di decifrare una trascendenza bella nella polvere, un segno regale nel mistero dell'aria.

L'umorismo pirandelliano smonta la convenzione logica, servendosi della logica, la convenzione sociale, servendosi delle figure della falsa coscienza, distrugge la maschera con la maschera: quella della protettiva e rassicurante costruzione logica, per esempio, con la maschera della follia, per la quale la logica «vola come una piuma». In questo sta il percorso straniante di una scrittura nella quale i discorsi simmetricamente antagonisti, le antilogie, diventano corpi lottanti, corpi avvinghiati nella contraddizione.
Ma chi mai ha detto che la nostra vita avrebbe dovuto essere diversa da quel che è?

Un uomo  Attenti al corno della luna
alla doppia melodia del sangue
una voce che va e viene
un silenzio che s'inarca
carico d'illusioni e di morte
un uomo
Attenti al minotauro
polvere viola sulle palpebre
tutto è così vicino al compimento
ma è solo una parodia
un capolavoro che nasce
come negazione di sé
un uomo.

Chi vede nella poesia di Benn dell'estetismo, mostra di aver compreso assai poco. In essa, invece, «si combatte col toro a distanza ravvicinata» – come scrive Benn nei Problemi della lirica che è un po' il suo testamento spirituale – . Nelle occulte risonanze di questa poesia «monologica», così estraniata e conchiusa in una gelida sfera di cristallo, molti sono i terremoti silenziosi che si possono percepire.

«Che cosa significa essere devoti?», chiese un monaco.
«Non so cosa significhi essere devoti, so cosa significa devozione», disse Jōshū.
«E l'una cosa è diversa dall'altra?».
«Questo lo potrebbe dire chi è devoto, ma chi è devoto non conosce la devozione», disse Jōshū.


Riferimenti