Lembi verderame dei fossatiHo tutta l’anima incrinata di brividi di stelle.
Trillano ancora dei grilli lungo i lembi verderame dei fossati polverosi, e dai pantani melmosi scoppiano cori lontani di rane arrochite.
Il silenzio intorno a quel pino bagnato d’ombra, che ogni sera al vespro china mesto il capo, dopo aver sorriso a l’ultima vampata di sole, mi succhia l’anima ai ricordi.
Sento ancora il volitare vellutato dei lapilli d’un mucchio morbido di sogni, incenerito una sera lontana sotto l’archetto di platino dorato de la luna.
I freschissimi ciclamini di luce de l’alba non hanno ancora del tutto distrutto il mosaico de la notte: qualche pietruzza lucente, paurosa, tremola ne l’ignoto…

Crediti
 Salvatore Quasimodo
 Albore
 Pinterest • Vania Zouravilov  • 




Quotes per Salvatore Quasimodo

A me pare uguale agli dèi chi a te vicino così dolce suono ascolta mentre tu parli e ridi amorosamente. Subito a me il cuore si agita nel petto solo che appena ti veda, e la voce si perde sulla lingua inerte. Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, e ho buio negli occhi e il rombo del sangue alle orecchie. E tutta in sudore e tremante come erba patita scoloro: e morte non pare lontana a me rapita di mente.

Dove gli alberi ancora
abbandonata più fanno la sera,
come indolente
è svanito l'ultimo tuo passo
che appare appena il fiore
sui tigli e insiste alla sua sorte.
Una ragione cerchi agli affetti,
provi il silenzio nella tua vita.
Altra ventura a me rivela
il tempo specchiato. Addolora
come la morte, bellezza ormai
in altri volti fulminea.
Perduto ho ogni cosa innocente,
anche in questa voce, superstite
a imitare la gioia.

Ma come è sempre tardi per amare.

Mite letargo d'acque: la neve cede chiari azzurri.
Sono memoria d'ogni mia ora terrena, angelo biancospino.
A te mi porgo trebbiato senza seme; e duole dentro pietà di magre foglie che m'aiuta la morte.
Dalla fangaia affiora roseo anellide ermafrodito.

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t'ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.  Uomo del mio tempo